“La mia vita da talpa infiltrata in Vaticano”. Parla Tomasz Turowski

Tomasz Turowski con Papa Wojtyla

La “talpa” Tomasz Turowski con Papa Wojtyla

Ho realizzato a Varsavia una lunga intervista a Tomasz Turowski, maggiore in pensione dei servizi segreti polacchi durante il regime comunista. Turowski era infiltrato nei gesuiti ed era arrivato a spiare Papa Wojtyla. Nell’intervista rivela: “Ai miei tempi c’erano tante spie in Vaticano; una di questa ha lavorato fino a poco tempo fa per Papa Francesco”. Sul numero di Panorama in edicola trovate l’intervista integrale e tutte le foto di Turowski oggi e dell’epoca.

Autunno 1978, Padre Robert Graham aveva passato quasi tutta la notte in piedi per ultimare un rapporto sulle spie dell’Est presenti in Vaticano, da consegnare l’indomani in Segreteria di Stato. Il gesuita californiano chiamato a Roma nel ‘64 da Paolo VI, aveva iniziato a indagare anche all’interno della Compagnia di Gesù di Roma, per scovare alcuni infiltrati dell’Est. “Una parte del lavoro svolto da Graham riguardava le infiltrazioni delle spie comuniste nella Santa Sede”, spiegava nel 2009 a Panorama padre Peter Gumpel, gesuita tedesco e confidente di Graham, che ha anche confermato l’esistenza di rapporti sulle spie consegnati dal prete americano in Vaticano.

Il sacerdote statunitense non sapeva però che in una stanza non lontana dalla sua, quella stessa notte, un giovane studente della Compagnia di Gesù, aveva ricevuto dal comando di Varsavia un ordine top secret: spiare Papa Wojtyla. Graham e quel giovane avevano parlato tante volte ma Padre Robert non aveva compreso che quel ragazzo in clergyman fosse in realtà un maggiore dei servizi segreti comunisti della Polonia, infiltrato tra i gesuiti.

Abbiamo rintracciato quell’ex novizio, si chiama Tomasz Turowski. Vive a Varsavia, oggi ha 68 anni ed è in pensione dopo esser stato anche ambasciatore a Mosca e a L’Avana. Il suo nome compare nella lista degli 007 del regime stilata dall’Istituto della Memoria Nazionale; ha accettato di raccontarci tutto facendo una rivelazione choc: tra le spie presenti in Vaticano ai suoi tempi c’era anche un prete che fino a poco tempo fa ha lavorato per Papa Francesco.

Signor Turowski, era davvero una talpa dei servizi segreti polacchi?
Confermo. Nel ‘75 sono entrato nel corpo d’élite dell’intelligence polacca: ero un “illegale”, cioè uno di quelli che s’immedesimava in un ruolo diverso dalla propria identità e agiva senza copertura diplomatica. Il mio nome in codice era “Dzierżoń” (colui che tiene qualcosa in pugno con sicurezza) e il mio codice di rapporti era 10682.

Perché fingersi gesuita?
E’ stata la centrale dei servizi segreti di Varsavia a decidere. La mia missione iniziale era di ottenere documenti top secret della NATO. E visto che in Italia i cappellani NATO erano prevalentemente gesuiti, questa sembrava la strada più efficace. Mi mandarono a Roma, ci rimasi dal 1977 fino al 1980.

Aveva iniziato il percorso per diventare prete?
Esatto, ero diventato un novizio della Compagnia di Gesù, anche se ero agnostico, totalmente indifferente alla religione.

Nel 1978 Karol Wojtyla fu eletto Papa. La sua missione cambiò?
Sì, avevo iniziato a collaborare con la Radio Vaticana e con il Sinodo dei Vescovi e ovviamente l’elezione di Wojtyla cambiò la mia missione perché le autorità polacche erano interessate ai piani “politici” del Papa e alla sua sicurezza.

Volevano ucciderlo?
No, volevano garantire la sua incolumità perché i segretari del partito comunista sapevano che se fosse successo qualcosa al Papa, i primi sospettati sarebbero stati loro. Ho quindi ricevuto l’ordine di passare ai responsabili del Vaticano informazioni sulle falle nella sicurezza di Wojtyla.

Per passare informazioni ai responsabili della sicurezza vaticana, doveva svelare la sua identità…
Non potevo dire che ero dei servizi segreti. Ho quindi scelto una via indiretta: lavorando con la Radio Vaticana, pranzavo spesso con Padre Tucci, che era il direttore della radio e il responsabile della sicurezza di tutti i viaggi del Papa. Durante i pasti, sedendomi accanto a lui, parlavo ad alta voce con gli altri commensali delle falle nella sicurezza di Giovanni Paolo II. Lui ascoltava con attenzione.

Quali erano queste falle?
Avevo segnalato che c’era solo una sentinella che controllava l’ingresso dello IOR e dell’ascensore che portava all’appartamento papale. Oppure che nell’ascensore papale le serrature che bloccavano l’ingresso all’appartamento del Papa erano facilmente scassinabili. O ancora che durante le udienze la distanza tra la papamobile e gli uomini della sicurezza era troppo ampia.

C’erano altre talpe insieme a lei in Vaticano?
In Vaticano c’erano anche agenti cinesi, alcuni della CIA, e sospetto ce ne fossero anche italiani. Molti preti erano legati all’intelligence dell’Est e tra questi c’era un religioso che agiva con lo pseudonimo “Russo”. Era il traduttore di tutti i negoziati segreti del Papa con l’Unione Sovietica. Lo conoscevo ma ho scoperto solo nel 2000 che anche lui aveva fatto parte dell’intelligence.

Chi era “Russo”?
Circolano dei nomi, ma non posso dire chi è realmente, perché fino a poco tempo fa ha lavorato per Papa Francesco. Posso dire però che già nel novembre del 1981, “Russo”, mi raccontava che il Vaticano aveva informazioni sui preparativi dell’introduzione della legge marziale in Polonia. Pensavo stesse fantasticando, ma aveva ragione.

Ma alla fine lei si è fatto prete?
No! Finiti gli studi, ormai prossimo a prendere i voti, tornai in Polonia esponendomi a un grande rischio per aver agito contro le direttive dei superiori. Non potevo diventare sacerdote, per rispetto dei fedeli cattolici e di quei gesuiti che avevo conosciuto.

E con Padre Graham come finì?
Padre Graham cercava gli infiltrati dei servizi segreti e quindi cercava anche me! Per fortuna non mi ha mai trovato!

Fabio Marchese Ragona

(Intervista pubblicata su Panorama in edicola dal 08.12.2016)