Dal mese di maggio la Gendarmeria vaticana teneva d’occhio entrambi: dopo l’ok del magistrato e soprattutto dopo il via libera di Papa Francesco, son scattate le manette per i nuovi presunti «corvi» del Vaticano. Per lo spagnolo Mons. Lucio Angel Vallejo Balda e per l’italo-egiziana Francesca Immacolata Chaouqui, l’avventura vaticana al fianco di Bergoglio si è conclusa nel peggiore dei modi, con l’accusa di aver sottratto e diffuso documenti riservati sulle finanze vaticane.
Se Vallejo ha passato ieri la terza notte in cella, Chaouqui è tornata a casa dove ad attenderla c’era il marito Corrado Lanino: dopo la convalida dell’arresto è stata rilasciata perché ha collaborato con i magistrati. Avrebbe ricostruito agli investigatori d’Oltretevere la dinamica di quanto accaduto, fornendo anche delle prove cartacee a sostegno delle proprie tesi. «Preghiamo per lei, ne ha bisogno», aveva confidato già alcuni mesi fa Bergoglio ad un amico che lo aveva raggiunto a cena a Santa Marta: nelle ultime settimane Francesco era stato informato passo dopo passo sugli sviluppi delle indagini, sapeva i nomi di chi lo aveva tradito e aveva chiesto chiaramente: «Si agisca secondo giustizia, senza paura».
Per questo anche ieri il Papa è stato subito informato delle ultimissime novità e del fatto che l’operazione della Gendarmeria vaticana fosse andata in porto, dopo un lavoro durato mesi. Proprio su Francesca Chaouqui, che si è presentata spontaneamente al comando della «polizia vaticana», gli investigatori della Santa Sede avevano già aperto dei fascicoli in passato per delle vicende che avevano irritato anche il Papa.
Nell’aprile 2014, ad esempio, dopo esser finita l’anno prima, nell’agosto 2013, sulle prime pagine di tutti i giornali per i tweet al veleno contro l’ex Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, contro l’ex ministro Giulio Tremonti (cinguettii da lei mai riconosciuti) e contro Papa Benedetto XVI («È affetto da leucemia»), la pr calabrese, insieme al monsignore, aveva organizzato un «party» sulla terrazza della Prefettura degli affari economici (la sede di lavoro di Vallejo) con messa e buffet per festeggiare la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
«È stato un tradimento bello e buono» tuona un cardinale di Curia, che indica come presunto movente del nuovo Vatileaks delle mancate nomine all’interno della Segreteria dell’economia, il super-ministero voluto da Papa Francesco e nato, nel febbraio 2014, come frutto dei lavori di una commissione d’inchiesta sulle finanze vaticane di cui avevano fatto parte i due arrestati. Il monsignore in particolare, che era arrivato in Vaticano nel 2011 grazie all’intervento del cardinale spagnolo Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo emerito di Madrid e uno dei più strenui oppositori di Bergoglio) era stato escluso dal giro di nomine: quando nacque la Segreteria, infatti, il cardinale australiano George Pell, scelto dal Papa come prefetto, aveva fatto al Pontefice il nome del monsignore spagnolo per ricoprire l’incarico di segretario generale. Bergoglio però, in quell’occasione, aveva risposto al porporato con un secco no, «Non è conveniente», avrebbe detto, facendo presagire per il sacerdote un ritorno in Spagna, nella propria diocesi, al termine del suo mandato presso la Prefettura degli affari economici.
A far ricadere i sospetti sui due all’interno delle sacre stanze era stata anche la testimonianza di un anziano cardinale che già alcuni mesi fa si era premurato di far sapere «ai superiori» che alcuni documenti della commissione di cui erano membri Vallejo e Chaouqui erano misteriosamente spariti nel nulla. E in quell’occasione il porporato aveva chiesto «maggiore prudenza» nella gestione di «documenti così importanti».
Articolo per Il Giornale del 03.11.2015