I cardinali nelle prossime ore potrebbero finalmente avere tutte le risposte che cercano sul Vatileaks. Dopo il primo giorno di conclave in Vaticano e la prima fumata nera, tra un piatto di pasta e un caffè al residence Santa Marta (dove i porporati elettori vivono in clausura) sembra esser arrivata una soluzione per accontentare i cardinali stranieri che da giorni chiedono notizie e informazioni sul contenuto del dossier consegnato al Papa e che riguarda lo scandalo dei corvi vaticani.
Durante le congregazioni generali i porporati stranieri (soprattutto gli extraeuropei) hanno chiesto lumi ai tre cardinali detective ultraottantenni (Herranz, De Giorgi e Tomko) che per un anno hanno indagato sullo scandalo dei documenti trafugati dalla scrivania del Papa. Da loro però non hanno ricevuto risposte chiare ed esaurienti anche perché, per volere di Ratzinger, i due tomi della “Relatio” con i risultati dell’indagine dovranno finire esclusivamente nelle mani del Pontefice eletto. Alla fine però sembra esser arrivata la svolta che ha tranquillizzato tutti: chi dei 115 elettori diventerà Papa, informerà i cardinali sui contenuti del dossier.
Una sorta di accordo dell’ultim’ora tra i porporati per evitare divisioni prima di entrare in conclave e smorzare le tensioni dei giorni passati e che, allo stesso tempo, garantirà agli stranieri di sapere cosa sia successo realmente in Curia. Il nuovo Papa potrà quindi sciogliere ogni dubbio a chi in questi giorni ha anche attaccato “il partito romano”, colpevole ai loro occhi di voler insabbiare la vicenda.
Durante i “coffee break” nell’aula nuova del Sinodo in Vaticano nei giorni delle congregazioni generali molti cardinali (americani, tedeschi e sudamericani) si erano avvicinati, in cerca di notizie, al cardinale Julian Herranz, giurista, membro dell’Opus Dei a capo della commissione d’inchiesta sciolta da Benedetto XVI poco prima delle dimissioni; con un sorriso il porporato spagnolo si era appellato al segreto papale limitandosi a spiegare soltanto le procedure seguite insieme ai “colleghi” Josef Tomko e Salvatore De Giorgi, attento a non rivelare nomi e resoconti delle interviste fatte. A quel punto qualche altro porporato si era anche spinto a raggiungere l’abitazione dell’eminenza spagnola a pochi passi da Piazza San Pietro, ma anche in questo caso l’anziano porporato aveva tenuto la bocca cucita.
Eppure, in un primo momento, si era diffusa la voce che il rapporto fosse sì riservato esclusivamente al successore di Ratzinger, ma che a grandi linee potesse essere conosciuto anche dai cardinali elettori a margine delle congregazioni. Tentativi inutili. Ecco allora, il patto segreto tra i porporati a poche ore dall’ingresso in Conclave: la “Relatio” sarà nota all’intero collegio cardinalizio grazie alla mediazione del nuovo Santo Padre subito dopo l’elezione. Poco o nulla, infatti, finora è trapelato. Il processo a Paolo Gabriele, il maggiordomo traditore, rappresenta solo una piccola parte dell’affaire “Vatileaks”. Nelle oltre duecento pagine compilate scrupolosamente dalla commissione che ha investigato, c’è molto di più: altri nomi, dinamiche e relazioni di prelati ma anche laici che a vario titolo hanno collaborato alla diffusione di materiale riservato.