Tre frati “detective” avvisarono il Papa

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Un rapporto riservato partito da Terni e recapitato in Vaticano a fine 2013, diversi mesi dopo la nascita della commissione d’inchiesta sui dicasteri economici voluta da Papa Francesco e della quale facevano parte Mons. Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, le due persone arrestate dentro le mura vaticane con l’accusa di diffusione di documenti riservati, finiti poi in due libri.

A scrivere al Papa erano stati tre frati “detective”, tre religiosi che, facendo delle ricerche d’archivio sulla vita di San Valentino, si erano imbattuti in ben altri documenti della diocesi ternana, finiti lì per errore. I monaci avevano iniziato a spulciare i faldoni, avevano voluto approfondire, “interrogando” alcuni autorevoli amici ben informati e venendo così a conoscenza di episodi che riguardavano anche i due collaboratori del Pontefice. Si erano in pratica imbattuti nei nomi di Vallejo e Chaouqui, all’epoca freschi di nomina e oggi etichettati come “presunti” corvi.

In particolare l’attenzione dei tre anziani frati era ricaduta sulla pr calabrese che avrebbe avuto diversi contatti con la curia di Terni, riguardo al buco di circa 25 milioni di euro. Nella lettera che sarebbe finita nelle mani di alcuni prelati vicinissimi a Francesco, i religiosi invitavano alla prudenza, fornendo al Santo Padre un dettagliatissimo profilo di Vallejo e Chaouqui che, a dire dei tre “detective”, avrebbero potuto creare non pochi problemi alla Curia Romana.

Da quel momento i religiosi non riceveranno più alcun segnale del Vaticano fino ai primissimi mesi del 2014, quando riescono a scambiare, al termine di un’udienza generale, qualche parola proprio con Francesco in persona. Bergoglio li ascolta bene, ma il suo volto a un tratto si fa scuro, quando sente alcune notizie che riguardano i due membri della commissione COSEA, in particolare Francesca Chaouqui, che in quei mesi sarebbe stata tenuta d’occhio dalle forze dell’ordine per ordine della Procura di Terni, come svelato dal Corriere della Sera e dal Messaggero, per presunte intrusioni informatiche e presunte estorsioni compiute insieme al marito, Corrado Lanino, ingegnere informatico ed ex addetto ai server di terzo livello della Santa Sede.

Francesco dopo un breve colloquio aveva ringraziato i tre frati e poi congedandoli aveva confidato di voler “aspettare” per avere informazioni più precise e “ufficiali” su eventuali inchieste giudiziarie, senza voler dare giudizi affrettati o cedere a eventuali “chiacchiere”. Contemporaneamente la Gendarmeria Vaticana, guidata da Domenico Giani aveva avviato altre indagini su vari fronti, Vallejo e Chaouqui erano tenuti d’occhio anche dall’interno (soprattutto dopo la scomparsa misteriosa di alcuni documenti dalla cassaforte della commissione COSEA e dopo il “party” sulla terrazza della Prefettura degli Affari Economici, la sede di lavoro di Vallejo Balda). Il Papa veniva informato sugli sviluppi periodicamente, fino a quando, qualche giorno fa, ha dato il via libera definitivo per far calare il sipario e far scattare le manette.

Nel frattempo le presunte indagini di Terni a carico di Chaouqui e marito  – secondo il Corriere – avrebbero fatto emergere un’attività illecita che avrebbe consentito alla coppia di entrare in numerosi computer e carpire informazioni riservate da utilizzare poi per ottenere favori e incarichi anche per persone a loro vicine. “Francesca Chaouqui non ha ricevuto alcuna comunicazione formale dell’indagine a carico suo e del marito da parte della procura di Terni”, ha spiegato il legale della ex commissaria papale, Giulia Bongiorno, “Nè è stata sentita in questo ambito, non sappiamo davvero nulla”.