“Dl Caivano un deterrente, investire anche sulla prevenzione”. Intervista al cardinale Zuppi

Il cardinale Matteo Zuppi

Cardinale Matteo Zuppi, lei è Presidente della CEI. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il “decreto Caivano”; secondo lei è giusto che s’inaspriscano le pene per i minori che commettono reati?


Il tema deve tenere sempre conto del contesto più ampio e della sfida educativa, di quel patto che sta venendo meno tra le diverse agenzie educative. Occorre ripartire da lì. L’inasprimento delle pene può essere un deterrente per affrontare una situazione che ha caratteristiche nuove, ma occorre investire ad esempio sulle carceri minorili, aiutare il reinserimento dei minori che lasciano gli istituti di pena, lavorando sulla giustizia riparativa, garantendo i mezzi e la continuità perché possa svolgere il suo ruolo. Non si può solo intervenire dopo, peraltro! Per affrontare la grande questione educativa, perché non diventi velleitario e quindi illusorio o addirittura nocivo, servono interventi concreti. Facendo tesoro anche dei fallimenti, dei ritardi, delle omissioni che favoriscono la crescita di disagi giovanili.

Si parla anche della possibilità di togliere il telefono cellulare come misura repressiva, lei è d’accordo?

Non saprei quali possono essere modalità possibili per un controllo dell’uso che i minori fanno dei telefoni. E su questo, in primo luogo, è connesso il tema della pornografia e di come questa instilla una modalità di relazione “malata” e pericolosa. Occorre coinvolgere la famiglia, a volte omissiva ma altre volte impaurita davanti alle sfide. Così la scuola. Ripeto: va considerato l’intero aspetto educativo.

 Il provvedimento del governo arriva soprattutto dopo i fatti di Caivano e di Palermo. Le periferie spesso finiscono in mano alle gang o ai clan: come si deve intervenire secondo lei?

Dobbiamo evitare reazioni solo emotive. Non bisogna essere buonisti ma nemmeno “cattivisti”! Occorre affrontare la questione con serietà e fermezza! Confondere l’attività della magistratura minorile e di quanti si occupano di minori con buonismo è sbagliato! Su Caivano, così come su quelle che vengono considerate periferie, tutti sappiamo qual è la situazione: è necessario lavorare quotidianamente, tutti insieme, sull’ordinario. Esperienze come quelle dei doposcuola sono importantissime perché ritessono comunità e relazioni spesso carenti o sostituite solo dalle “bande”. Tutti dobbiamo fare di più.

Il Papa dice che bisogna ascoltare le periferie e lavorare lì sul posto, la Chiesa può pensare di rafforzare la sua presenza in questi posti così difficili?

Serve una forte presenza della scuola, dei centri di formazione professionale e occorre lavorare sulla trasmissione dei valori. Prendiamo come base da cui partire l’Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco.

Legato al tema delle periferie c’è quello delle violenze, in questi giorni stiamo sentendo ancora nuovi casi di femminicidio. Questa società ha perso la bussola secondo lei?

Sono tante storie, che provocano tantissima sofferenza. Molti uomini vivono in modo possessivo la propria relazione, considerando la donna una proprietà privata, un oggetto. Ci sono anche casi di problemi psichiatrici e di tanta solitudine. Quanto accade ci deve interrogare e ci deve spingere a riaffermare con convinzione l’attenzione e il rispetto per la donna, ricostruendo anche un tessuto di comunità che l’individualismo ha disperso accentuando fenomeni di violenza.

L’Italia è sconvolta in questi giorni anche dalle morti sul lavoro, dalla tragedia di Brandizzo, soltanto in una settimana, sono morte quasi 15 persone… Nel 2023 è accettabile parlare ancora di morti sul lavoro?

Ha ragione Papa Francesco che ha riproposto già da tempo il tema della vigilanza e dei controlli per tutte le norme di sicurezza. Alcune volte possono esserci responsabilità umane, altre sono fatalità che la sicurezza sul lavoro deve impedire. Bisogna affrontare il problema del mancato rispetto delle regole elementari di attenzione per i lavoratori. La sicurezza costa e quando, incredibilmente e colpevolmente, si decide di risparmiare su questo fronte, succedono le tragedie!

Senza lavoro non c’è dignità, perché non si può portare il pane a casa, ricorda il Papa. Ma secondo gli ultimi rapporti gli italiani consumano sempre meno perché i soldi scarseggiano. Stiamo andando sempre più verso una situazione di povertà?

Siamo già in una situazione del genere, l’Istat da anni descrive le famiglie sulla soglia di povertà. L’inflazione accentua questo fenomeno e aumenta ulteriormente la sofferenza e i pesi sulle famiglie. Chiaro che le istituzioni devono creare quei meccanismi – con l’auspicio che siano efficaci – perché si superino le situazioni di crisi che vive il Paese.

A proposito della guerra in Ucraina Lei ha detto che l’Europa fa troppo poco per la pace. Pensa che la Cina può avere quella marcia in più per arrivare a una soluzione?

La pace è frutto di convergenza di tanti attori. L’Europa, proprio per la sua storia, dovrebbe essere un attore più convinto nel creare il dialogo. I problemi non si risolvono con le armi, una pace giusta e sicura non si ottiene con le armi. Nessuno ha la chiave della pace, solo insieme la si trova e l’Europa ha certamente gli strumenti per affrontare la situazione attuale.

Fabio Marchese Ragona

(Intervista pubblicata nell’edizione odierna del quotidiano Il Giornale)