“Rispetto per la fede. la messa non vale meno di una libreria”. Parla monsignor Nino Raspanti

Mons. Nino Raspanti

Monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della CEI, cosa sta succedendo tra il Governo e la Chiesa Italiana? Prima un comunicato dai toni duri, poi un altro del cardinale Bassetti dai toni molto più concilianti, merito di Papa Francesco che sembra aver dato ai vescovi, con il suo appello al rispetto delle regole, una linea da seguire?

Innanzitutto penso che stiamo vivendo in un clima di incertezza e ci sia poca sicurezza sui dati, da parte di tutti, Governo, ministri, comitato tecnico-scientifico e anche da parte di tutti noi che siamo molto attenti nonché preoccupati tanto quanto il Governo e l’opinione pubblica. Credo che siano state queste incertezze, questa non chiarezza, comprensibile, considerata l’impreparazione ad una pandemia del genere, a causare queste oscillazioni con prese di posizione forti, poi un ammorbidimento dei toni, con il Papa che è intervenuto. E ricordiamo che lo stesso Pontefice alcune settimane fa aveva detto che la liturgia senza popolo è innaturale! Quindi nello stesso Papa Francesco come in noi vescovi, come nel Governo, ci sono stati dei tentativi di approcciarsi alla questione senza avere delle chiare certezze.

Il premier Conte ha spiegato che la loro non è stata una scelta materialista…

Però vallo a spiegare alla gente che il Governo non è materialista, perché poi i fedeli fanno i paragoni con quelle attività a cui è stato permesso di aprire, e non parlo soltanto di cibo, e il non permettere alla gente di cibarsi delle cose dell’anima, della religione. Va bene la cultura, vanno bene le librerie, i musei ma c’è la religione e c’è bisogno di maggiore attenzione. Capisco che bisogna salvaguardare la salute ma c’è una vita, per noi che crediamo, che è la vita dell’anima, la vita eterna, che vale più del corpo. Il Vangelo parla chiaro, senza mezzi termini. Per cui, secondo me, bisogna avere un maggiore equilibrio, una maggiore attenzione ai valori che sono in gioco, soppesarli perché non sono tutti valori che stanno sullo stesso piano.

Quando ci saranno le messe aperte al pubblico? Prima si parlava dell’11 maggio, adesso di fine maggio…

Stanno circolando tanti rumors dovuti ovviamente all’assoluta incertezza. Fare delle previsioni sulle date secondo me crea eccessive aspettative, illusioni, rinfocola polemiche. Ci si ritroverebbe di nuovo a fare i conti con chi vuole tirare per la tonaca noi o per la giacca il Governo, si innescano strumentalizzazioni.

Tanti preti però stanno lanciando l’allarme: “senza messa non riusciamo ad andare avanti anche perché non ci sono più offerte da parte dei fedeli”…

E’ un allarme oggettivo. Lo vedo io stesso nella mia diocesi, anche la Conferenza Episcopale Italiana ne ha preso atto. Anche questa è un’attività come le altre: ci sono suppellettili da comprare, ci sono gli oratori da curare, le aule del catechismo, ci sono tante attività da portare avanti. E poiché i nostri introiti vengono dalle offerte dei fedeli, non potendo questi partecipare alla messa o ad altre attività, si pone anche per noi un problema di sopravvivenza, di risparmi, di sacrifici.

Per ricominciare a celebrare i funerali da oggi e le messe più avanti, con tutte le restrizioni del caso, non tutti i parroci sono preparati. Come agire?

E’ veramente difficile e siamo in difficoltà, servirebbero soluzioni che non complichino la vita ai parroci di tutta Italia. Io credo che non si debba essere così eccessivamente duri, con paletti del genere, anche se capisco che la paura è tanta.

Fabio Marchese Ragona

(intervista pubblicata nell’edizione odierna del quotidiano “Il Giornale”)