Opacità e chiarezza vaticana

Il cardinale Angelo Becciu

L’atmosfera non è delle migliori, qualcuno addirittura si è spinto a dire che nelle sacre stanze si respira un’aria peggiore di quella che si respirava poco prima delle dimissioni di Benedetto XVI. Stavolta però non ci sarà alcun Papa che si dimetterà, anche se l’intento di tutto lo scandalo sembra voler esser anche questo, oltre a quello di voler colpire i più stretti collaboratori del Pontefice per arrivare a Francesco.

Succede che la storia di un palazzo acquistato a Londra, nella centralissima Sloan Avenue al numero 60 dopo un’operazione recente di circa 200 milioni di euro, operazione che ha fatto scattare due denunce alla magistratura vaticana, una dello IOR e una dell’ufficio del revisore generale dei conti della Santa Sede, stia creando più trambusto del dovuto, anche perché qualcuno ha voluto utilizzare la vicenda per colpire o pugnalare alle spalle chi da anni collabora a stretto contatto con il Pontefice.

Dopo le dimissioni del comandante della gendarmeria vaticana, Domenico Giani, che la rimesso il mandato a seguito della diffusione di un documento interno con le foto e i nomi di cinque dipendenti del Vaticano sospesi dal servizio dopo l’avvio dell’inchiesta, nel mirino, da settimane, c’è anche il cardinale Angelo Becciu, già Sostituto della Segreteria di Stato e oggi Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che aveva avviato l’operazione immobiliare in tempi non sospetti, attingendo a dei fondi specifici della Segreteria di Stato come succede sin dai tempi di Pio XII. Nelle ultime ore il porporato sardo è stato vittima di attacchi, con l’accusa di aver utilizzato i soldi per i poveri, quelli dell’Obolo di San Pietro, per operazioni poco trasparenti. Ma le cose – come leggeremo tra poco dalla viva voce del cardinale Becciu – non stanno così.

A dare maggior risalto a tutta la questione sono state le dichiarazioni rilasciate dal cardinale Pietro Parolin, numero uno della Segreteria di Stato dal 2013 e quindi diretto superiore dell’allora Sostituto Angelo Becciu prima e dell’attuale Edgar Peña Parra oggi. Il capo della diplomazia vaticana a una precisa domanda dei giornalisti ha risposto che l’operazione immobiliare con i soldi dell’Obolo di San Pietro è “opaca” e per questo la magistratura vaticana “farà luce”, ribadendo però che a suo parere “l’obolo è amministrato bene”. Più di un analista e di un commentatore ha letto le dichiarazioni di Parolin come un chiaro attacco al suo ex numero due, il cardinale Becciu.

Qualche ora dopo le dichiarazioni del Segretario di Stato, infatti, è stata pubblicata un’intervista del cardinale Becciu rilasciata all’agenzia Ansa. “Nei miei confronti sono state fatte accuse infanganti che respingo in modo fermo e sdegnoso” ha detto, “ho la coscienza a posto e so di aver agito sempre nell’interesse della Santa Sede e mai mio personale. Chi mi conosce da vicino lo può attestare. L’accusa che più mi ha ferito è stata quella di avermi dipinto come uno che ha giocato e manomesso i soldi dei poveri. In Segreteria di Stato avevamo un fondo intitolato ‘soldi dei poveri’. E ai poveri venivano destinati. Se invece per soldi dei poveri ci si vuole riferire all’Obolo di San Pietro, dobbiamo chiarirci”.

In effetti come chiarisce lo stesso porporato sardo all’Ansa, l’Obolo non è destinato solo alla carità del Papa, “ma anche al sostentamento del suo ministero pastorale; particolarmente per il mantenimento delle strutture della Santa Sede intendo strutture centrali, quali sono quelle della Curia Romana e quelle periferiche come le nunziature, cioè le rappresentanze diplomatiche della Santa Sede. Non possiamo nasconderlo. Del resto se non fosse così, a cosa serve raccogliere ogni anno sui 60 o 70 milioni di euro? Se fossero esclusivamente per i poveri forse sarebbe meglio che restassero nelle diocesi e lasciare che i vescovi li gestiscano loro. Se non si usasse l’Obolo, ci si dovrà porre la questione di come mantenere il Vaticano ad iniziare dalle migliaia di dipendenti e dalle loro famiglie”.

Tornando al caso del palazzo di Londra, come ha ricostruito L’Espresso, tutto inizia nel 2011 quando il finanziere Raffaele Mincione propone alla Segreteria di Stato di investire 200 milioni di euro in un fondo lussemburghese gestito dal suo gruppo. Il Vaticano accetta e i 200 milioni vengono girati all’Athena Capitan Global Opportunities per realizzare diversi investimenti. Tra questi l’acquisto di immobili di lusso a Londra. In particolare il famoso palazzo dello scandalo di cui la Santa Sede diventa proprietaria per il 45% (il 55% resta in mano a Mincione). Con l’arrivo in Segreteria di Stato del nuovo Sostituto, monsignor Edgar Peña Parra si decide di chiudere ogni rapporto con Mincione uscendo dal fondo lussemburghese e acquisire l’intero immobile di Londra. Per le operazioni chiede un prestito allo IOR di circa 150 milioni di euro e da lì scattano le denunce.

“Perché le operazioni dovrebbero essere opache?” dice Becciu all’Ansa, “Anzitutto è prassi che la Santa Sede investa nel mattone, l’ha fatto sempre: a Roma, a Parigi, in Svizzera e anche a Londra. Pio XII fu il primo ad acquistare degli immobili a Londra. Ci è stata avanzata la proposta di questo storico ed artistico palazzo e quando fu fatta e realizzata non c’era niente di opaco. L’investimento era regolare e registrato a norma di legge.Non si cercava un investimento di carattere speculativo. Le difficoltà sono nate con il socio di maggioranza: egli infatti disattendendo le indicazioni reiterate in innumerevoli occasioni, anche per iscritto, continuava ad investire in attività che la Segreteria di Stato non poteva assolutamente condividere ne’ approvare. Gli era stato espressamente detto di non investire in Carige, e lui ha investito in Carige. Gli era
stato detto di non investire nella Banca Popolare di Milano e lui ha investito nella Banca Popolare di Milano. Lo stesso vale per Retelit. Gli era stato detto e ridetto di no. Si volevano i classici investimenti della Segreteria di Stato: a capitale garantito e non di carattere speculativo. Ad un certo punto abbiamo detto: adesso basta. Si trattava pero’ di individuare il modo per uscire”.

“Ma io, a quel punto, ero gia’ andato via”, conclude Becciu, “e non so cosa sia successo dopo. Mi dicono però che quello storico ed artistico palazzo è ora totalmente della Santa Sede e se venduto renderebbe e avrebbe un valore decisamente superiore rispetto al prezzo per il quale fu comprato. Del resto, anche un’eventuale gestione, potrebbe dare risultati più che soddisfacenti, benchè diluiti nel tempo. Non va infine disatteso che, trattandosi di un investimento a suo tempo pensato sulla lunga distanza, è vero che, al momento, è in sofferenza, per il calo della sterlina, ma nessuno è in grado di dire ora ciò che potrebbe avvenire tra qualche mese o anno. Del resto, a suo tempo, si era generalmente convinti che Brexit non sarebbe passata. E invece è passata”.

Una vicenda insomma che mira a screditare il pontificato e i più stretti collaboratori di Francesco, da sempre fedeli al papa argentino. Lo scontro viene descritto infatti come giunto ormai ai massimi livelli tanto che si è arrivati a parlare di “cardinali uno contro l’altro”. La strategia per demolire il pontificato è anche questa: colpirne i cardini per far crollare tutto. A meno che non intervenga subito il Papa in persona per chiudere la faccenda. Definitivamente.