Ratzinger: “Ho distrutto la lobby gay”

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Il Papa Emerito si racconta in un nuovo libro intervista curato dal biografo ufficiale di Joseph Ratzinger, Peter Seewald e ammette di aver saputo dell’esistenza di una lobby gay dentro al Vaticano.

E’ un testamento spirituale quello di Benedetto XVI, nel quale ripercorre la sua vita e gli ultimi anni trascorsi in Vaticano. A raccontare oggi maggiori dettagli in anteprima è il vaticanista di lungo corso Luigi Accattoli sul Corriere della Sera.

Nelle “confessioni” al suo biografo ufficiale, Peter Seewald, già autore di altri tre libri-intervista con Ratzinger, il Papa Emerito parla delle sue dimissioni, del papato di Francesco e degli scandali che colpirono il suo pontificato. Il volume dal titolo “Ultime conversazioni” uscirà il 9 settembre (in Italia edito da Garzanti) e nel dialogo con Seewald, Benedetto XVI, racconta i suoi anni da Papa, le notti insonni dopo il Conclave e le lotte interne che segnarono il suo pontificato.

Ratzinger nel libro ricorda il momento in cui preparò le dimissioni: lo aveva confidato solo a 4-5 persone e temeva che potesse esserci una fuga di notizie. E poi la scelta di annunciare al mondo la rinuncia in lingua latina, soltanto per timore che in italiano potesse commettere qualche errore di grammatica.

Il Papa Emerito ammette anche di esser stato informato della presenza di una “lobby gay” in Vaticano, composta da quattro/cinque persone e dice di esser riuscito a sciogliere definitivamente questo gruppo di potere all’interno delle sacre mura. Ratzinger all’epoca potrebbe esser stato informato dai tre cardinali “detective” che indagarono sul caso Vatileaks, compiendo decine di interrogatori all’interno della Santa Sede.

Della presenza di una lobby gay ne parlò poco dopo la sua elezione anche Papa Francesco: era il giugno del 2013 e in un incontro privato con i religiosi della Confederazione latinoamericana e dei Caraibi, avrebbe detto: “Nella Curia ci sono persone sante, davvero, ma c’è anche una corrente di corruzione. Si parla di una ‘lobby gay’, ed è vero, esiste. Noi dobbiamo valutare cosa si può fare”. Anche in questo caso, è probabile che Bergoglio abbia attinto a questa informazione consultando il dossier Vatileaks, consegnatogli da Ratzinger a Castel Gandolfo, alcuni giorni dopo l’elezione.

Nei mesi scorsi si parlato però ancora della presenza, ancora viva, di una lobby gay in Vaticano, associandola al coming-out di Mons. Krzyzstof Charamsa, il teologo, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, che oggi, sospeso dal sacerdozio, vive in Spagna con il suo compagno.

Nella sua biografia “La prima pietra”, edita da Rizzoli e da ieri in libreria, Charamsa racconta i motivi che lo spinsero a “uscire dall’armadio” e raccontare pubblicamente la sua storia, descrivendo anche l’ambiente di lavoro dentro le mura vaticane. In un passaggio del volume chiarisce: «Nei miei rapporti con il clero non ho mai fatto parte di nessuna lobby gay, né di nessun circolo “nascosto”, né sono mai entrato in contatto con gruppi del genere. Forse è anche per questa ragione che sono rimasto isolato anche nella comunità ecclesiastica».