“(…) Sappiamo che (Paolo VI) prima del suo settantacinquesimo compleanno, e anche prima dell’ottantesimo, ha lottato intensamente con l’idea di ritirarsi. E possiamo immaginare quanto debba essere pesante il pensiero di non poter più appartenere a se stessi. Di non avere più un momento privato. Di essere incatenati fino all’ultimo, con il proprio corpo che cede, a un compito che esige, giorno dopo giorno, il pieno e vivo impiego di tutte le forze di un uomo. «Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore» (Romani, 14, 7-8) (…)”.
Quando Joseph Ratzinger pronunciò queste parole, non avrebbe nemmeno immaginato che nell’aprile del 2005 sarebbe stato eletto Papa col nome di Benedetto XVI e che, quasi otto anni dopo, nel febbraio del 2013, avrebbe preso la storica decisione di rinunciare al pontificato. Il testo sopra citato è infatti un breve estratto di un’omelia finora inedita pronunciata dall’allora arcivescovo di Monaco e Frisinga il 10 agosto 1978, quattro giorni dopo la morte di Paolo VI. A pubblicarla è oggi L’Osservatore Romano a chiusura del numero speciale che il quotidiano della Santa Sede diretto da Gian Maria Vian ha dedicato a Papa Montini nel cinquantesimo anniversario della sua elezione.
Ratzinger in quell’occasione ricordò la figura di Paolo VI scomparso la sera della festa della Trasfigurazione del Signore. “La festa della Trasfigurazione è garanzia del fatto che il Signore non abbandona il creato”, dice Ratzinger, “che non si sfila di dosso il corpo come se fosse una veste e non lascia la storia come se fosse un ruolo teatrale. All’ombra della croce, sappiamo che proprio così il creato va verso la trasfigurazione”.
Nell’omelia, l’allora cardinale di Monaco e Frisinga fa una lucida analisi di come Montini aveva vissuto il suo pontificato, diplomatico che si era lasciato alle spalle la diplomazia (come aveva scritto un giornale dell’epoca) e che si era concentrato invece sulla fede: “La trasfigurazione promessa dalla fede come metamorfosi dell’uomo è anzitutto cammino di purificazione, cammino di sofferenza”, spiega Ratzinger, “Paolo VI ha accettato il suo servizio papale sempre più come metamorfosi della fede nella sofferenza. Le ultime parole del Signore risorto a Pietro, dopo averlo costituito pastore del suo gregge, sono state: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Giovanni, 21, 18). Era un accenno alla croce che attendeva Pietro alla fine del suo cammino. Era, in generale, un accenno alla natura di questo servizio. Paolo VI si è lasciato portare sempre più dove umanamente, da solo, non voleva andare. Sempre più il pontificato ha significato per lui farsi cingere la veste da un altro ed essere inchiodato alla croce”.
Nel testo, Papa Benedetto XVI fa un accenno anche alla possibilità di rinuncia al pontificato che aveva sfiorato Paolo VI negli ultimi anni di vita: le parole pronunciate da Ratzinger nel 1978 danno oggi ulteriori elementi per mettere meglio a fuoco il senso delle sue dimissioni. “Possiamo immaginare quanto debba essere pesante il pensiero di non poter più appartenere a se stessi. Di non avere più un momento privato. Di essere incatenati fino all’ultimo, con il proprio corpo che cede, a un compito che esige, giorno dopo giorno, il pieno e vivo impiego di tutte le forze di un uomo”.