Caso Indi, monsignor Peri: “Non sia l’uomo a decidere quando interrompere una vita”

Monsignor Calogero Peri

Monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone (Catania) e membro della Commissione CEI per la salute, la piccola Indi Gregory, la neonata inglese affetta da una rara malattia mitocondriale, è stata trasferita in un hospice per il fine vita e hanno iniziato a rimuoverle tutti i supporti vitali. Ancora una volta l’uomo ha fallito?

Dico che non si può ridurre il concetto di vita alle nostre osservazioni e alle nostre opportunità. Se possiamo tutelare la vita lo dobbiamo fare. Non possiamo essere noi a procurare la fine di un’esistenza, qualsiasi essa sia. Se c’è anche la minima possibilità di tenere la bambina in vita, seppur con degli ausili per la respirazione, dovremmo andare avanti.

Dicono che non c’è alcuna speranza che la bambina possa continuare a vivere…
Non è l’uomo che può determinarlo, di fronte alla vita dovremmo aver rispetto e stare in punta di piedi. Quando si ragiona solo in termini di tempo e durata viene meno ogni umanità: certo, c’è una dignità per morire, però in questo caso c’è un’altra struttura ospedaliera d’eccellenza che dice: “io ci credo”.

Il Bambino Gesù di Roma si è detto infatti disposto ad accogliere la bambina…
E non si capisce perché non ci sia la volontà di andare avanti. Dovremmo puntare di più sulla solidarietà e la collaborazione. Invece si parla soltanto in termini di risultati e soluzioni.

La legge inglese però non permette ai genitori di trasferire Indi in Italia: la legge vale più di una vita?
Dovremmo interrogarci su questo aspetto. Nel caso di questa bambina non si tratta di accanimento terapeutico, parliamo di un ausilio che le permette di vivere. Anche chi fa la dialisi, ad esempio, senza macchine non riuscirebbe a vivere. E allora che facciamo, stacchiamo? L’ospedale non è un parcheggio, è vero, ma anche se le condizioni di questa bimba non sono come quelle di altri non significa che debba essere scartata e buttata via: la vita non vale soltanto per chi è efficiente, altrimenti saremmo tutti perfetti al mondo! Le vite menomate, indebolite non hanno meno valore!

C’è anche l’aspetto umano se si pensa ai genitori…
Se ci mettiamo dal punto di vista dei genitori è normale che anche poche ore in più per loro sarebbero una luce di speranza, perché potranno dire l’abbiamo accompagnata fino alla fine. Il problema è quando il criterio diventa esterno: la vita è sempre in pericolo ma se il criterio non è dato dalla vita stessa ma viene dato da altri, allora diventa un esercizio di potere che non ci possiamo arrogare, nel rispetto della vita stessa.

Ma è già successo in passato, pensiamo al caso di Charlie Gard o di Alfie Evans ad esempio…
Il Signore “non spegne il lucignolo fumante”, come si legge nella Bibbia, non dimentichiamolo. Però qualcuno lo dimentica o segue altre vie. A volte siamo davvero assurdi noi esseri umani: puntiamo sulla durata e dimentichiamo che ognuno viene al mondo con un suo corredo: alcuni ce l’hanno completo, altri meno. Noi non dobbiamo guardare a questo aspetto, dobbiamo rispettare e valorizzare qualunque vita, perché noi siamo al servizio, non siamo al di sopra di essa.

Il Papa ha manifestato vicinanza ai genitori di Indi. Pensa che le parole di Francesco possano in qualche modo cambiare le cose?
Magari fosse così, ce lo auguriamo ovviamente. Proprio in questi momenti dobbiamo stare vicini a questa famiglia, come sta già facendo la chiesa del Regno Unito, sostenerla perché sta vivendo un dramma che non si dimenticherà mai. Se le cose andranno come tutti pensano, sarà l’ennesima sconfitta dell’umanità. Il tempo che viene decurtato perché qualcun altro decide: è assurdo, rendiamocene conto! È una situazione in cui qualcun altro decide che vivere altri giorni in più non è opportuno o consigliabile. La vita non è questa, l’uomo non può comportarsi così, altrimenti non è più un uomo.

Fabio Marchese Ragona

(Intervista pubblicata nell’edizione odierna del quotidiano Il Giornale)