Papa Francesco, il 30 e 31 marzo 2019, visiterà il Marocco sia per potenziare ancora di più il dialogo interreligioso con l’Islam, sia per conoscere da vicino la piccola comunità cattolica che vive in Marocco. Dopo i contatti continui degli ultimi anni con lo sceicco egiziano Amed al-Tayyib, grande Mufti d’Egitto e Rettore dell’Università al-Azhar, Francesco adesso aggiungerà un nuovo tassello al cammino di riavvicinamento della Chiesa cattolica al mondo musulmano.
Lo farà con questo viaggio apostolico che arriva dopo una lunga serie di contatti “top secret” tra la Santa Sede e il regno guidato da Mohammed VI, sovrano illuminato e stimato dai leader musulmani di mezzo mondo. Come prevede la costituzione marocchina, il re, quale comandante dei credenti veglia sul rispetto dell’Islam ma è anche garante del libero esercizio dei culti religiosi all’interno del suo Paese (Islam, Ebraismo e Cristianesimo). Non è un caso quindi che il sovrano abbia visto di buon occhio l’apertura di questo “cantiere” per la pace e il dialogo con il mondo cattolico, invitando Francesco nel suo regno e lasciando grande spazio di manovra a chi da anni prepara il terreno per una visita del Papa, trentaquattro anni dopo lo storico viaggio di Giovanni Paolo II a Casablanca.
I segnali che, prima o poi, il pontefice avrebbe raggiunto Rabat e Casablanca si inseguivano ormai da tempo. La nunziatura apostolica negli ultimi mesi, oltre al lavoro diplomatico sotto traccia, aveva dato il via a numerose iniziative pubbliche per preparare il corpo diplomatico e la popolazione all’arrivo di Francesco. Il rappresentante del Papa a Rabat, monsignor Vito Rallo, insieme alla fondazione diplomatica del Marocco, nell’ultimo anno ha voluto organizzare, infatti, diversi eventi per rafforzare il dialogo e la comprensione tra Islam e Cristianesimo, trasformando di fatto Rabat nella capitale africana del dialogo interreligioso. Tra le iniziative messe in campo c’è l’incontro di due cardinali africani (quello di Bangui, Repubblica Centrafricana e quello di Oagadougou, Burkina Faso) con oltre 800 Imam marocchini e subsahariani e un folto gruppo di ambasciatori. Oppure le giornate dedicate alla conoscenza delle comunità giudaica marocchina (circa 3000 residenti), dell’Islam del giusto mezzo, praticato in Marocco e in buona parte dell’Africa subsahariana e del Cristianesimo (cattolici, ortodossi, protestanti e anglicani). O ancora una giornata dedicata al tema “Cittadini e credenti in un mondo che cambia” voluta dall’Accademia del Regno del Marocco e dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Proprio in quest’ultima occasione era stato firmato un importante accordo tra il dicastero vaticano e la Rabita Mohammedia degli Uleme al fine di tenere degli incontri biennali su tematiche scelte di comune accordo.
Contemporaneamente rimaneva aperto il canale di comunicazione tra la diplomazia vaticana e quella marocchina per fissare alcune tappe fondamentali della prossima visita di Papa Bergoglio. Francesco, infatti, visiterà il Marocco (Rabat e Casablanca) e la comunità cattolica residente, accolto dal re e dagli alti funzionari del governo, oltre che dai rappresentanti della Chiesa locale.
Dal canto suo, re Mohammed VI, prima di invitarlo ufficialmente, aveva già lanciato dei segnali di apertura nei confronti del Papa, ribadendo anche pubblicamente “la solida amicizia” con la Santa Sede e compiendo dei gesti che lasciavano pochi dubbi sulla stima che il re nutre nei confronti del Pontefice. Un delegato del sovrano, il Ministro per gli Affari Islamici, insieme al Governatore di Rabat, ad esempio, in occasione del quarto anniversario dell’elezione di Francesco, aveva partecipato alla messa nella cattedrale della capitale marocchina. Un gesto raro che non si ripeteva dal lontano 2005, in occasione della messa in suffragio di Papa Giovanni Paolo II.