Mentre in Vaticano si svolgeva l’ultima sessione del Sinodo sui giovani presieduta da Papa Francesco, a poche centinaia di metri da quell’aula, affollata da cardinali e vescovi provenienti da tutto il mondo, il cardinale americano Raymond Leo Burke, esponente di spicco dell’ala più tradizionalista della Chiesa, incontrava per la seconda volta, pubblicamente, il vicepremier e ministro dell’interno, Matteo Salvini.
L’occasione questa volta è stata la consegna del Premio Internazionale Giuseppe Sciacca, organizzata dall’omonima fondazione all’interno dell’auditorium della Pontificia Università Urbaniana. Della Fondazione Sciacca, che si occupa principalmente di sostegno alle famiglie indigenti, il porporato statunitense è Presidente d’Onore, mentre Matteo Salvini è presidente del Comitato Scientifico (il sottosegretario Giorgetti è invece il vice presidente).
Tra Salvini e il porporato, da molti considerato uno dei grandi oppositori di Papa Bergoglio (fu uno dei quattro firmatari dei famosi “dubia” su Amoris Laetitia) ci sono stretti contatti da diverso tempo. E non solo grazie alla fondazione benefica. Burke è considerato una guida dall’ultradestra cattolica americana, la stessa che da qualche mese ha preso ancor di più sotto la sua ala protettiva, monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti che con il suo memorandum ha chiesto le dimissioni del Papa e che oggi vive proprio negli Stati Uniti, dove riceve sostegno dagli oppositori più strenui del pontificato di Bergoglio.
Viganò non ha mai incontrato pubblicamente Matteo Salvini. Lo ha fatto invece il cardinale che si era già intrattenuto qualche minuto con il leader della Lega a margine della festa della polizia a Roma, lo scorso giugno. Anche in quel caso, i media a stelle e strisce (e non solo) avevano puntato i riflettori su quell’incontro tra l’esponente sovranista e il cardinale tradizionalista, entrambi critici di Papa Francesco. Dopotutto non è un mistero che Burke alla Lega piaccia. Lo ha detto Salvini e ancora con più fermezza lo ha detto il ministro per la famiglia, Lorenzo Fontana, che in un’intervista aveva precisato: “A Papa Bergoglio preferisco il cardinale Burke”.
La sottile linea che collega Salvini a Burke è completata però anche da un altro personaggio, molto vicino alle posizioni del ministro dell’interno: Steve Bannon, l’ex capo stratega di Donald Trump. Bannon che ha reclutato Salvini all’interno del suo “The Movement” in vista delle prossime elezioni europee per creare un fronte sovranista in grado di riunire tutti i populisti d’Europa e che aveva “benedetto” le nozze Lega-Cinque Stelle, è molto legato anche al cardinale Burke. Dal 2014, l’idealista trumpiano collabora con l’Istituto “Dignitatis Humanae”, un think tank conservatore cattolico, presieduto proprio dal porporato tradizionalista. Il debutto della sua collaborazione con l’istituto era stato via Skype, quando Bannon era intervenuto a un convegno in Vaticano per esporre le sue teorie. Il suo intervento aveva colpito talmente nel segno che un banner pubblicitario con la foto di Bannon e l’audio del suo intervento è ancora in bella vista sul sito del think tank.
Ma la corrispondenza di vedute non finisce qui. L’ex guru di Donald Trump, attraverso Dignitatis Humanae, ha già in programma per il nuovo anno di promuovere dei corsi di leadership per politici cattolici conservatori. Il “laboratorio sovranista” verrà ospitato presso la Certosa di Trisulti, un monastero di Collepardo, in provincia di Frosinone. Già con l’elezione di Donald Trump a presidente USA si era attivata in Vaticano una linea di comunicazione tra il tycoon e una “talpa” in tonaca per sostenere la fronda anti-Bergoglio; un canale che non si è mai chiuso e che adesso con le nuove manovre politiche italiane potrebbe rafforzarsi.