L’arrivo dell’inviato papale a Medjugorje sarà il primo passo verso qualcosa di grande. Ma attenzione al business, non è giusto che si speculi sulla fede. La pensa così la maggior parte dei pellegrini che da anni visita la piccola cittadina bosniaca, dove dal 1981 alcuni veggenti riceverebbero messaggi dalla Madonna.
Nonostante il Papa metta in guardia da coloro che dicono di ricevere messaggi a orari ben precisi “come se la Madonna fosse un capoufficio della posta”, il popolo affezionato a Medjugorje guarda con speranza a questa nomina di Mons. Hoser, arcivescovo di Varsavia-Praga, che avrà il compito di capire cosa succede sul territorio, senza però occuparsi delle apparizioni, quanto dei pellegrini e dei fedeli.
“Io vado ogni anno lì, al festival dei giovani”, racconta a Il Giornale Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, “e posso testimoniare che non c’è alcun fanatismo. Penso che sia un fatto importante che il Vaticano si prenda una responsabilità diretta perché i vescovi del luogo vanno di certo aiutati a gestire la mole di fedeli che arrivano da tutto il mondo”. Ma per Mons. Sigalini, il “commissario” papale dovrà anche controllare che non si speculi sulla fede: “Dovrà guardar bene anche se c’è un business, dove c’è gente che va, ci sono soldi”, precisa, “Molti purtroppo portano la gente per fare affari, costruiscono alberghi e non va bene. Noi vescovi non organizziamo pellegrinaggi ma dobbiamo seguire i fedeli che vanno, curarli spiritualmente”.
“Spero che la nomina di Mons. Hoser sia una cosa positiva, non ho capito bene se nasce da una diffidenza del Vaticano verso Medjugorje” commenta Bruno Marcello, fedele che nella piccola cittadina bosniaca racconta di esser stato miracolato nel 2009 da un cancro ormai in fase terminale. “Vado sempre a Medjugorje, porto anche degli ammalati lì, anche se negli ultimi anni per il lavoro ho dovuto un po’ rallentare. I primi tempi andavo anche 5 volte all’anno. Non organizzo pellegrinaggi perché non mi interessa, molti ci lucrano ma tanti lo fanno per vera fede. Io non ho molto tempo per farlo ma posso dirvi che aspettiamo tutti che possa diventare un luogo di culto”.
La decisione del Papa è clamorosa invece per Paolo Brosio, giornalista che dal 2009 racconta la sua conversione e la sua devozione verso la Madonna di Medjugorje. “Con la mia associazione organizzo pellegrinaggi almeno 20 volte all’anno, in pullman o in aereo”, racconta, “portiamo un migliaio di fedeli ogni anno, anche se il numero è calato rispetto al passato soprattutto per colpa della crisi economica. Noi non ci lucriamo, facciamo opere di carità, ci appoggiamo a un tour operator che invece porta migliaia e migliaia di persone e non solo lì. Con questa nomina è chiaro che Francesco si sia reso conto che serve una guida spirituale che mancava dal 1981 perché il vescovo di Mostar è sempre stato arrogante e prepotente con la parrocchia di Medjugorje. Avevo scritto al Papa”, svela Brosio, “nel 2015 gli avevo detto che lì mancava una guida e ci ha donato questo suo inviato. Sono certo”, conclude il giornalista, “che il Vaticano abbia un progetto ben preciso, ossia di trasformare la parrocchia di Medjugorje in un Santuario controllato direttamente dalla Santa Sede, come succede oggi con Loreto o con Pompei”.
Più cauto invece Cesare Morone, referente in Italia di un’associazione internazionale no profit che si occupa dell’accoglienza dei pellegrini sul luogo: “La decisione del Papa”, racconta, “non dev’essere considerata come un’approvazione ma come cura per il cammino spirituale dei pellegrini che si recano in quel luogo di pace. E’ la dimostrazione che c’è un’attenzione della Chiesa verso il fenomeno di Medjugorje”. Morone va in pellegrinaggio almeno 4/5 volte all’anno e organizza ogni tanto dei pulmini con 50/60 fedeli: “A volte vado in macchina e porto direttamente degli amici”, spiega, “essendo un diacono accompagno anche spiritualmente queste persone”.
(Articolo per Il Giornale del 13.02.2017)