“Isis, così proteggiamo Papa Francesco” Parla il capo della Gendarmeria Vaticana

Domenico Giani con Papa Francesco

Domenico Giani con Papa Francesco

“La minaccia Isis esiste, ma al momento non abbiamo notizie di piani di attacco contro il Papa o il Vaticano. Attenzione però ai lupi solitari”. Così il comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani, aretino, 52 anni, da 9 al comando della “polizia papale”, in un’intervista a Polizia Moderna. 

Il generale affronta il tema del terrorismo islamico e della sicurezza del Papa. “La minaccia dell’Isis esiste”, dice Giani, “Questo è ciò che emerge dai colloqui che ho con i colleghi italiani e stranieri. Ma una cosa è l’esistenza di una minaccia, altra cosa la pianificazione di un attacco. Al momento posso dire che non siamo a conoscenza di piani di attacco al Vaticano o al Santo Padre”.

Considerato, insieme al comandante della Guardia Svizzera, l’angelo custode del Papa, Giani spiega come si traduce l’allerta terrorismo islamico nel lavoro quotidiano della sicurezza papale: “Il livello di attenzione è costantemente alto”, dice, “sempre adeguato alle circostanze. Non esistono solo le minacce dell’Isis, ma anche i rischi di azioni solitarie, che sono più pericolose perché imprevedibili. Penso a fanatici, a disturbati mentali, a mitomani, oppure semplicemente a individui che potrebbero decidere di agire in Vaticano per la rilevanza mediatica che se ne può ricavare”.

Gli uomini della Gendarmeria sono addestrati anche per azioni antiterrorismo, racconta Giani, “Una ventina di gendarmi vaticani hanno ricevuto un addestramento speciale che li rende idonei anche al pronto impiego in azioni antiterrorismo. Alcuni di loro accompagnano il Papa durante i suoi viaggi internazionali”.

Inoltre, aggiunge il comandante della Gendarmeria, “Il Santo Padre non intende abbandonare lo stile del suo pontificato, fondato sulla prossimità. Cioè sull’incontro diretto con il maggior numero possibile di persone. Anche da Pontefice, è rimasto il sacerdote che non vuole perdere il contatto con il suo gregge. Siamo dunque noi incaricati della Sua sicurezza che dobbiamo adeguarci a Lui, e non viceversa. Dobbiamo fare di tutto perché Egli possa continuare a svolgere il suo ministero come vuole, e crede”.

Sull’uso delle armi da parte degli uomini al servizio del Papa, Giani, credente d’ispirazione francescana risponde: “Il Santo Padre, durante il suo viaggio di ritorno dalla visita in Corea del Sud, ha detto che è lecito fermare le ingiuste aggressioni, seppure la decisione sui modi di farlo deve essere discussa in sede Onu. Dunque per un cristiano l’uso delle armi è un caso limite. Anche per noi della Gendarmeria alle armi si dovrebbe ricorrere solo in extrema ratio, ma per fortuna non è mai successo. E posso aggiungere che non si è mai giunti neppure alla minaccia di usarle”.