Come imparare a comunicare la fede

Baciare un tablet al posto del messale. Conferire un sacramento sul web. Non sono solo provocazioni ma stimoli per una riflessione a cui la Chiesa e i suoi pastori non possono sottrarsi nel tempo della cultura digitale. Nasce anche da questi presupposti “Pastori per la comunicazione della fede”, corso di formazione teologico – pastorale al via da oggi presso la Pontificia Università Lateranense.

Promosso dall’Università del Papa (in collaborazione con l’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato di Roma), il progetto nasce per fornire a preti, religiosi/e, seminaristi e laici, strumenti e chiavi di lettura soprattutto sulla comunicazione che, nell’Anno della fede, spiega il rettore dal Covolo: “Diventa urgenza da approfondire, contenuto da assimilare e prospettiva futura da considerare”.

Il corso verrà inaugurato dal rettore della Lateranense, dal Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Mons. Claudio Maria Celli, e da Don Dario Edoardo Viganò, e i sei incontri successivi (sempre di lunedì ogni mese fino ad aprile) si caratterizzeranno per un’alternanza di due voci: da un lato un interlocutore autorevole che inquadra il tema prescelto, dall’altro un addetto ai lavori che presenta la propria esperienza.

Per informazioni: cil@pul.it06 69895607.

24 risposte a “Come imparare a comunicare la fede

  1. “Tutte le cose che fate, fatele con amore”. (1Corinti 14:14; Nuova Diodati)
    La qualità menzionata in questo passo richiede un contatto umano dove il ministro cristiano è chiamato ad ascoltare la totalità della persona nel suo insieme investendo tempo e prendendo su di sé il peso dei dubbi, delle ansietà, delle paure che la persona manifesta nella fede. Infatti un ministro cristiano, o anziano, della cristianesimo primitivo consigliò nei casi di malattia spirituale:“C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore: la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati.” (Giacomo 5:14-15; Nuova Riveduta)
    “Spalmare d’olio” ovvero lenire le ferite spirituali che una persona si è causata trascurando i principi della Sacra Scrittura, non può essere fatta artificiosamente attraverso internet. Dubito che l’uso della tecnologia multimediale permetta di svolgere tali attività attraverso il computer o altri mezzi perché le qualità come pazienza, amore, premura trovano la loro manifestazione migliore con il contatto umano diretto.
    Gesù era attento a manifestare le sue qualità con il contatto umano: un abbraccio, una carezza di affetto, uno sguardo amichevole, una amichevole pacca sulla spalla sono azioni che lasciano una traccia profonda nell’animo di una persona. Come è possibile comunicare l’effetto di queste azioni attraverso un servizio telematico?
    Internet fa parte di quella tecnologia che ha sicuramente apportato dei benefici ma nel suo abuso ha portato notevoli effetti collaterali. Sarebbe triste che tra questi ultimi si trovi pure una pessima comunicazione della fede.

  2. Concordo in parte con Lei Sig. Giuseppe,

    ..infatti Internet, come strumento, ha dei limiti ben precisi che sono dati proprio dal contatto umano che Lei ci segnala. Questo però non ci autorizza a lasciare tale spazio comunicativo nelle mani del nostro avversario.
    E comunque, questo su mia esperienza, Caro Sig. Giuseppe, una parola di conforto funziona anche su Internet. Deve però essere poi seguita dal “reale”
    E il corso è appunto nato con questo scopo, insegnare ai “neofiti” dove è lecito agire e dove no.

    Un abbraccio in Cristo

  3. Anche la tecnologia se usata bene può dare beneficio,magari in centri per anziani dove non si possono muovere e vogliono vedere e sentir messa.Così tramite tablet si può risolvere il problema e dare aiuto a chi ne ha bisogno appunto.

  4. @ Domenico X Meridio;

    Sarei lieto di conoscere la sua esperienza in merito per capire meglio cosa intende con una parola di conforto funziona anche su Internet.

    Ringraziando nuovamente per l’attenzione la saluto cordialmente.

  5. “ Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.” ( Gc 5.14-15 CEI)

    Il distinto sig. Giuseppe,accetterà un diverso punto di vista, dato che come evidenziano le parole in grassetto, la guarigione desiderata dal malato non viene concessa più o meno miracolosamente se “intermediata” dai presbiteri o anziani, che non svolgono una funzione taumaturgica per mezzo della preghiera, quanto dal coraggio manifestato tramite l’umiltà dal “malato” stesso conscio della sua necessità di cure per guarire. E’ il malato che coraggiosamente chiama “i medici” e si deve lasciarsi “spalmare di olio”, ovvero riempire di buoni consigli (che essi avranno ottenuto pregando per avere sapienza dall’Alto). E’ il malato che dovrà mettere in pratica quei consigli eseguendoli come una prescrizione medica. In realtà, è il malato che il fautore della sua guarigione perché è lui che dovrà prendere l’amara medicina consigliata dai presbiteri.
    Non credo quindi che la “presenza” fisica del medico presbiterio sia indispensabile, ma credo che potrebbe perfino arrecare danno al paziente se influenzato dando la precedenza alle “simpatie” accettando la persona e non la medicina.
    In un tempo in cui i medici stessi riescono, non solo a suggerire prescrizioni, ma anche ad effettuare operazioni chirurgiche di precisione su pazienti che stanno dall’altra parte del mondo per mezzo della telemedicina, non è la presenza fisica che può avere effetti benefici, perché la vera battaglia è del paziente malato anche se il medico simpatico può renderla meno gravosa.

    Ritengo quindi che il “contatto umano, – un abbraccio, una carezza di affetto, uno sguardo amichevole, una amichevole pacca sulla spalla sono azioni che lasciano una traccia profonda nell’animo di una persona” sono azioni preziose e utili in una relazione fra persone “sane” che non hanno bisogno di medicine, ma che non siano propriamente necessarie ad un malato che ha bisogno di reagire egli stesso nella “sua” malattia, non farsi imbonire dalla simpatia e dalla cordialità dato che l’amara medicina la deve prendere lui.

    “In quel giorno Jehova degli eserciti diverrà come una corona di adornamento e come una ghirlanda di bellezza per quelli che rimarranno del suo popolo, e come uno spirito di giustizia per colui che siede nel giudizio, e come potenza [per] quelli che respingono la battaglia dalla porta . ( Isa 28.6)
    Ciascuno deve vincere la propria “battaglia alla propria porta” e non tutti vinceranno, ma non si possono combattere le battaglie degli altri, e i soldati non si addestrano con la simpatia, ma con la disciplina.
    “ nessuna disciplina al presente sembra essere gioiosa, ma dolorosa; tuttavia a quelli che ne sono stati addestrati produce poi un pacifico frutto, cioè giustizia.” ( Ebr 12.11) Non basta una pacca sulle spalle o uno sguardo affettuoso.

  6. @ Joab;

    Leggendo il suo commento mi è venuto in mente che anche una telefonata amichevole di un amico che ci conosce bene, può farci sentire vicino a lui e rincuorarci del suo amorevole interesse. Questo le dà sicuramente ragione. Il mio commento verteva sul fatto che chiunque abbia bisogno di assistenza spirituale, la riceve in modo migliore con la presenza fisica dei presbiteri perché come ho scritto “un abbraccio, una carezza di affetto, uno sguardo amichevole, una amichevole pacca sulla spalla sono azioni che lasciano una traccia profonda nel’animo di una persona” e con essa anche il buon messaggio ed aiuto da loro offerto. Ovviamente la loro presenza non è miracolosa ma la loro esperienza affilata dalla Sacra Scrittura ed espressa con sincero interesse e cura, come indicato in 1Pietro 5:2, che Lei probabilmente già conosce.
    Se sostiene che, dopo questo, la persona ha la sua responsabilità a portare avanti il cammino di fede, concordo pienamente.

    Lungi da me svalorizzare l’uso della tecnologia se utile a diffondere “la Scrittura che è ispirata da Dio e utile per insegnare, per riprendere, per correggere, per disciplinare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia pienamente competente, del tutto preparato per ogni opera buona” (2Timoteo 3:16-17). Ritengo, però, che l’effetto migliore, lo si ottenga con la presenza fisica ed il contatto umano invece della fredda, meccanica e distaccata tecnologia. Se si ricorda anche Gesù guarì miracolosamente a distanza ma lo fece raramente e solo a livello fisico. (Giovanni 4:43-54) Ma per insegnare lo fece sempre di persona e attingendo dalla Sacra Scrittura.

    Ringrazio dell’attenzione anche Lei salutandola cordialmente.

  7. A Giuseppe 70

    “Leggendo il suo commento mi è venuto in mente che anche una telefonata amichevole di un amico che ci conosce bene, può farci sentire vicino a lui e rincuorarci del suo amorevole interesse..”
    Estenda quanto ha scritto sopra anche ai moderni mezzi di comunicazione come Skype, per intenderci oppure Facebook. Una parola di conforto è sempre importante e, come nel caso della nostra Associazione, a volte ha impedito un suicidio. E comunque, all’etere deve poi seguire il contatto vero. Ma è un inizio che non va sottovalutato.
    Che poi solo un “sano” possa guarire un malato la dice lunga su quanto la gente non ha compreso il mondo dove viviamo ed il significato del “religioso”.
    Siamo “sani” non soltanto in virtù della nostra conformazione a Cristo (presupposto più o meno raggiungibile), ma UNICAMENTE in virtù della Santa Eucarestia che ci trasforma realmente (siamo sani cioè perché Dio ci rende sani!).
    Il concetto di sano come è inteso materialmente dalla società moderna è completamente inappropriato alla dimensione religiosa.

    Pace e Bene

  8. @ Domenico X Meridio;

    La ringrazio della sua testimonianza. Nella prima parte ci troviamo perfettamente d’accordo.
    Il contatto vero pervenuto a completare quello dell’etere, è una possibilità in più da non sottovalutare.
    Non capisco la seconda parte, dove menziona il concetto di “sano” che si trova nell’argomentazione di Joab a me indirizzata. Spero non abbia confuso i destinatari 😉
    In ogni caso grazie della sua spiegazione, un’occasione in più per conoscere ciò che pensa.

    Saluto cordialmente.

  9. @ Giuseppe 70
    “Se si ricorda anche Gesù guarì miracolosamente a distanza ma lo fece raramente e solo a livello fisico. (Giovanni 4:43-54) Ma per insegnare lo fece sempre di persona e attingendo dalla Sacra Scrittura.

    Si e No. Sono d’accordo con lei, sig. Giuseppe che lo fece attingendo dalle scritture, ma registro anche che il telefono non era ancora stato inventato e neanche internet. Non pensa lei che Gesù ne avrebbe fatto uso ? Io credo di si ! Anzi ne sono convinto, dato che ha utilizzato l’unico modo conosciuto per divulgare la conoscenza, la Scrittura. (v. Riv. 1.1) Quindi sebbene Lui è sempre presente, fisicamente non c’è !

    Ricordo anche che disse : “Guai a voi, scribi e farisei, ipocriti! perché attraversate mare e terra per fare un proselito, e quando lo è diventato lo rendete soggetto alla Geenna il doppio di voi.” ( Mt 23.15) e aggiunse “date come doni di misericordia le cose che sono all’interno, ed ecco, ogni [altra] cosa è pura riguardo a voi”.(Lc 11.41)
    La questione quindi non è legata alla presenza personale fisica, di chi va o a quanti sforzi si facciano per raggiungere “il proselito” perché anche nel caso della presenza fisica ed amichevole si potrebbero avere risultati negativi “rendere soggetti alla Geenna”. perché quei “proseliti” avrebbero seguito il suono dell’unica campana amichevole udita senza avere un vero discernimento spirituale e una responsabile maturazione personale che germoglia quando c’è l’interesse a conoscere, non perchè c’è l’amico a fianco che lo dirige con “una carezza o uno sguardo amichevole”, ma quando ha un forte desiderio di una crescita e di una maturazione individuale, personale. Che viene solo dal dentro di ciascuno.
    Anche via internet o col telefono o scrivendo una lettera si possono fare i “doni spirituali” e offrire spiegazioni e chiarimenti, sarà poi compito di ciascuno che lo desidera andare ad informarsi dove e quando si tengono le lezioni che gli interessano.

    ”come bambini appena nati, nutrite ardente desiderio del latte non adulterato che appartiene alla parola, affinché per mezzo d’esso cresciate verso la salvezza, se avete gustato che il Signore è benigno.” ( 1 Pie 2.2-3) “Eh dai, bello di mamma dai mangia …. che cresci.”
    Stia bene

  10. @ Joab;

    Ha toccato molti argomenti interessanti. Sono aspetti che riassumerei nella definizione il contatto vero pervenuto a completare quello dell’etere, è una possibilità in più da non sottovalutare già indicata al Sig. Domenico X Meridio.

    Ma l’argomento basato su 1Pietro 2:2-3 per me ha centrato il punto: l’ardente desiderio del latte. In un stile di vita che assorbe tempo, energie ed attenzione continue su mille distrazioni, come fa una persona ad avere tale desiderio? Certo internet è una fonte, dove tutto scorre, sia il bene che il male, ma come si contrae il desiderio di cibo solido (spirituale ovviamente) come lo chiama l’apostolo Paolo in Ebrei 5:13-14 dove si legge: “Poiché chiunque partecipa al latte è senza conoscenza della parola della giustizia, perché è bambino. Ma il cibo solido è per le persone mature, per quelli che mediante l’uso hanno le loro facoltà di percezione esercitate per distinguere il bene e il male.”?. Solo leggendo qua è là qualche pagina su internet? Seguendo qualche corso on-line? Forse…
    Un proverbio giapponese recita: “Un solo giorno con un grande maestro è meglio di mille passati a studiare con diligenza”.
    Anche se le funzioni religiose pubbliche (dal vivo o via etere) hanno il loro ruolo nel dichiarare il Vangelo, non possono sostituire il contatto personale che si ha alle porte. Sotto questo aspetto, lo studioso Joseph Addison Alexander ha detto: “La chiesa non ha ancora inventato nulla che possa prendere il posto o competere con i risultati che si ottengono predicando in chiesa e nelle case”. Lo studioso O. A. Hills dice: “Insegnamento pubblico e insegnamento di casa in casa devono andare di pari passo”.
    Da questo la mia insistenza nel portare di più con il contatto umano, perché lo ritengo più pronto nell’aiutare altri a incoraggiare e soddisfare l’appetito spirituale senza trascurare quanto da Lei attentamente manifestato.

    Nella fiducia che, quanto scritto, dia sostanza al suo pregiato intervento, la saluto.

  11. Ma siamo nel 2012…non vi vergognate a essere come tante pecorelle a seguire una cosa che non esiste??? Iniziate a ragionare, a porvi domande a essere curiosi e a non dare tutto per vero. La bibbia è la piu’ grande bugia del mondo….Dio ha la stessa valenza di un totem indiano…vi aggrappate a simboli per avere “speranza” e cio’ è molto triste

  12. @ Mario

    “La bibbia è la piu’ grande bugia del mondo….Dio ha la stessa valenza di un totem indiano…vi aggrappate a simboli per avere “speranza” e cio’ è molto triste”

    Distinto sig. Mario, ogni opinione è legittima, ma non ogni opinione è corretta. Rispetto la sua idea, ma se vuole essere convincente dovrebbe essere un po’ più esaustivo. Perché mai ha questa idea ? Non si tratta di aggrapparsi, si tratta di capire. Lei si è mai chiesto perché esiste ? O perché qualche volte ha fame ?
    Magari potremmo cercare di spiegarci perché l’ilarità fa ridere e non piangere. Lei che fa quando si da il martello sul ditone, ride o piange ? Perché ? Se lo fa senza saperlo è molto triste.
    Stia bene.

  13. “Come imparare a comunicare la fede “

    Mi sa che la fede non si può comunicare. Per prima cosa bisognerebbe capire di quale fede si tratta perché anche molti non cristiani hanno fede in cose diverse.
    Ma per i cristiani la fede non si può comunicare dato che “Gesù le disse: “Se tu avessi conosciuto il gratuito dono…” ( GV 4.10) Se è un dono, non si può “comunicare”. Lo si può solo “spiegare” se l’altro è interessato a capire. Poi forse la riceverà anche lui.

    In più:Pentitevi, e […] e riceverete il gratuito dono dello spirito santo.”( Atti 8.20) C’è anche una condizione per ricevere il dono, il pentimento. Ed oltre che dono gratuito è anche misurato : “A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo.” ( Efe 4.7 CEI) Come si può comunicare una fede che si riceve gratuitamente quale dono “su misura” ?

    “Istruiscimi, o Jehova, nella via dei tuoi regolamenti,
    Affinché io la osservi sino alla fine.
    Fammi comprendere, affinché io osservi la tua legge
    E affinché io la custodisca con tutto il cuore.”

    (Sl 119.33-34)
    Ci vuole un’istruzione specifica che deve essere ritenuta e custodita oltre che capita.

  14. Buongiorno,
    ho ripreso questo post nel mio blog: http://ilvillaggiovirtuale.wordpress.com/2012/10/29/comunicare-la-fede-con-le-nuove-tecnologie/.
    Per avere una visione più lucida e chiara di quanto si vorrebbe parlare, suggerisco di consultare la pagina web ufficiale che presenta il corso (http://www.pul.it/?p=15181) dove è possibile visionare e scaricare il programma del corso stesso (http://www.pul.it/wp-content/uploads/2012/09/Depli-PUL-Pastori.pdf).
    Buon pomeriggio.

  15. @ Joab;

    Spero non se la prenda se Le ricordo le parole dell’apostolo Paolo dove si legge: “Ma che cosa dice? “La parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore”; cioè la “parola” della fede, che noi predichiamo. Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. Poiché col cuore si esercita fede per la giustizia, ma con la bocca si fa pubblica dichiarazione per la salvezza.”. (Romani 10:8-10)
    La fede va quindi esercitata e proclamata per essere tale poiché in Giacomo 2:26 si legge “In realtà, come il corpo senza spirito è morto, così anche la fede senza opere è morta.”
    Se poi la fede segue ciò che si ode (Romani 10:17), la scrittura del Salmo 119:33-34 che lei ha citato, troverà la sua massima realizzazione, sia via internet e soprattutto con il contatto umano. Che ne pensa?

    Seguendola sempre con attenzione, la saluto cordialmente.

  16. @ Barbara
    Lodevole iniziativa la sua, indica premura e interesse anche se non è facile capire per chi o cosa, ma sicuramente si tratta di premura.

    Ripeto quindi la domanda evangelica : Come, a loro volta, predicheranno se non sono stati mandati? ( Rm 10.15) E mi chiedo, perché è necessario “un mandato” ? In fondo tutti potrebbero partecipare anche senza; così mi piace ricordare l’episodio evangelico illuminante che narra : “ Ad Antiochia c’erano profeti e maestri nella congregazione locale, sia Barnaba che Simeone che era chiamato Negro, e Lucio di Cirene, e Manaen che era stato educato con Erode il governante del distretto, e Saulo. Mentre servivano pubblicamente Jehovah e digiunavano, lo spirito santo disse: “Fra tutti appartatemi Barnaba e Saulo per l’opera a cui li ho chiamati”. Allora digiunarono e pregarono e posero su di loro le mani, e li lasciarono andare. Così questi uomini, mandati dallo spirito santo, scesero a Seleucia, e di là salparono per Cipro. E giunti a Salamina proclamavano la parola di Dio nelle sinagoghe dei giudei.” ( Atti 13.1-5)

    Naturalmente ciascuno può dare l’interpretazione che preferisce circa l’espressione “mandati dallo Spirito Santo”. Ma la verità intorno a questo mandato se c’è o no, lo si capirà dai risultati. E, a distanza di tempo i risultati hanno già dimostrato che quel mandato non c’era dato che si è sentita la necessità di (ri)comunicare la fede (ri)evangelizzando in un nuovo modo mentre la Scrittura è sempre la stessa. Se quindi è stato inutile una prima volta, come si è visto, come si potrà sperare di avere successo una seconda con una nuova evangelizzazione se continua a mancare il suddetto mandato ?

    Ma poiché la speranza è l’ultima a morire, è bello che ci riprovino, così si capirà ancora meglio dai risultati, se “sono stati mandati dallo Spirito Santo o se hanno preso quell’onore da sé.
    ”E uno prende questo onore non da sé, ma solo quando è chiamato da Dio, come [lo fu] anche Aaronne” ( Ebr 5.4)

  17. @ Giuseppe70
    La ringrazio per l’attenzione e le assicuro che non me la prendo mai, anzi ringrazio sempre chi può aiutarmi a capire meglio, se le argomentazioni sono convincenti. Non mi resta che dirle, relativamente a Rm 10.8-10 Forse il commento indirizzato alla sig.ra Barbara potrà aiutarla a capire meglio il mio punto di vista.
    POsso aggiungere che come dice Att 16.10: – “E durante la notte apparve a Paolo una visione: Un uomo macedone stava in piedi e lo supplicava e diceva: “Passa in Macedonia e aiutaci”. Ora appena ebbe visto la visione, cercammo di andare in Macedonia, traendo la conclusione che Dio ci aveva chiamati a dichiarare loro la buona notizia.”

    Come si può ognuno “trae le sue conclusioni”.
    Anch’io la leggerò con attenzione cercando di trarne insegnamento. La ringrazio nuovamente. Stia bene.

  18. @ Giuseppe70
    Disntinto sig. Giuseppe, il mio scritto è apparso “ menomato” per qualche motivo probabilmente tecnico, per cui la prego di voler trascurare il precedente. Lo (ri)invio nuovamente com’era in origine.

    La ringrazio per l’attenzione con cui dice di seguirmi, e le assicuro che non me la prendo mai, anzi ringrazio sempre chi può aiutarmi a capire meglio, se le argomentazioni sono convincenti. Quando non lo sono o non mi paiono tali, preferisco apparire “scortese” ma resto della mia opinione. E’ questo che penso. Spero non me ne vorrà.
    In quanto a Rm. 10.8-10, non posso dirle altro che “predichiamo” la fede, dichiarandola pubblicamente. Essa è e rimane un dono che viene “elargito” a chi ne vorrà fare buon uso. Infatti “non si accende una lampada per metterla sotto il moggio.” ( Mt 5.15) A che serve dare un privilegio a chi non saprà o vorrà farne buon uso ? Infatti Paolo ricorda che “Dio fa cooperare tutte le sue opere per il bene di quelli che amano Dio, quelli che sono chiamati secondo il suo proposito; poiché quelli ai quali diede il suo primo riconoscimento ha anche preordinato ad essere modellati secondo l’immagine del Figlio suo, affinché sia il primogenito tra molti fratelli. Inoltre, quelli che ha preordinati sono quelli che ha anche chiamati;” ( Rm 8.28-30) Quindi quelli che amano, ovvero che sono amati da Dio “prchè egli per primo amò noi” (1 Gv 4.19) sono preordinati, chiamati e modellati. Dubito che se non c’è questa progressione si possa comunicare la fede.
    Forse il commento indirizzato alla sig.ra Barbara potrà aiutarla a capire meglio il mio punto di vista. In proposito ricordo anche l’episodio di Atti 16.10
    “E durante la notte apparve a Paolo una visione: Un uomo macedone stava in piedi e lo supplicava e diceva: “Passa in Macedonia e aiutaci”. Ora appena ebbe visto la visione, cercammo di andare in Macedonia, traendo la conclusione che Dio ci aveva chiamati a dichiarare loro la buona notizia.”

    Come si vede ognuno “trae le sue conclusioni”. Come quelli che erano a Roma erano stati “chiamati” proprio come Aronne, “preordinati ad essere modellati”“chiamati secondo il suo proposito;” ( Rm 8.28).
    Anch’io la leggerò con attenzione cercando di trarne insegnamento. La ringrazio nuovamente. Stia bene.
    p.s.
    se mi permette, io avrei detto : “La fede va quindi proclamata, per essere esercitata” si potrebbe dire anche “per esercitare la fede bisogna proclamarla” ma sono certo che era questo che voleva dire perché se così non fosse, ossia se la fede debba o possa essere esercitata anche in altri modi, diversi dal proclamarla, l’apostolo non avrebbe scritto : “ Ho esercitato fede, perciò ho parlato”, anche noi esercitiamo fede e perciò parliamo,” ( 2 Cor 4.13)
    Servo suo sig. Giuseppe.

  19. @ Joab;

    Stia sereno, non me la prendo se qualcuno la pensa diversamente, anzi, nel riconfermare la mia attenzione le posso dire che la ritengo prezioso poiché la Sacra Scrittura ci ricorda di “considerarci a vicenda per incitarci all’amore e alle opere eccellenti” (Ebrei 10:24).

    Tornando all’argomento in corso: comunicare la fede.
    Praticamente mi ha anticipato di molto su ciò che le avrei scritto. C’è una scrittura che ritengo la chiave di volta dell’argomento: Matteo 28:18-20 dove si legge: “E Gesù, accostatosi, parlò loro, dicendo: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”
    Se questo mandato lo vede come un dono, non sbaglia ma è soprattutto un preciso comando autorevole di Cristo Gesù e, le scritture che abbiamo ricordato, descrivono molto bene quale responsabilità, privilegio, onore e quale grande possibilità di ricambiare l’amore di 1Giovanni 4:19 sono stati conferiti con questo comando a chiunque si considera cristiano.

    Confermo il suo P.S. “correttivo”. Volevo dare enfasi su quanto la fede sia una qualità particolarmente dinamica. Infatti, oltre a essere esercitata (Giovanni 3:16), va comunicata, può essere vissuta (Galati 3:11), opera per mezzo dell’amore (Galati 5:6), va combattuta (1Timoteo 6:12) e soprattutto posseduta (Marco 1:15, 2Tessalonicesi 3:2).

    Rinnovo pure i miei più cordiali saluti. Stia bene.

  20. @ Giuseppe 70
    Sono veramente mortificato sig. Giuseppe dovendo segnalarle una piccola rettifica che credo sia necessaria al suo pregiato commento, che ho apprezzato molto. E poiché, cerco di farlo nella maniera più precisa possibile, onde evitare spiegazioni fuorvianti.

    Non si sembra corretta la sua definizione “la fede va combattuta ma credo che , come consiglia Paolo a Timoteo,( 6.12) occorre “combattere il combattimento della fede “ che non significa combattere la fede, ma combattere “per” la fede. Ossia combattere affinché la vera fede sia divulgata scevra da errori e falsità.
    Spero vorrà comprendere il mio imbarazzo nel segnalarle la precisazione e vorrà considerarmi benignamente certo che questo era il senso voluto.

    Sempre suo estimatore la saluto.

  21. @ Joab;

    Rileggendo il commento mi sono accorto della “gaffe” scritturale troppo tardi e mi aspettavo la sua attenta e necessaria correzione. La ringrazio per aver dato il giusto senso della frase. Si è dimostrato come i bereani di Atti 17:11 i quali erano di mente nobile “esaminando attentamente le Scritture ogni giorno per vedere se queste cose stavano così”

    P.S. Rileggendo i commenti delle nostre conversazioni, mi sono accorto che ho esordito il 3 settembre con Lei in modo informale per poi proseguire in modo formale dal 22 settembre. Potrebbe indicarmi quale forma più educata posso usare nei suoi riguardi?

    Nuovamente grato dell’attenzione, la saluto.

  22. @ Giuseppe70
    “Potrebbe indicarmi quale forma più educata posso usare nei suoi riguardi?”

    Distinto sig. Giuseppe, siamo tutti “schiavi di un solo Signore” ( Atti 16.18) e dobbiamo dire “siamo schiavi buoni a nulla” ( Lc 17.10) Decida pure come lo spirito le suggerisce, ma non mi esimerà dal fare sconti, se sarà il caso.
    Le auguro ogni bene.

  23. @Joab;

    “Schiavi di un solo Signore”; in Atti 16:17 e non come sopra, vero? 🙂
    In base a 1Pietro 3:15, ritengo che la forma più rispettosa da usare sia sempre questa.
    Mi scuso per la essenzialità del commento poiché off topic
    Sempre cordialmente la saluto.

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