Era l’estate del 2009, il Vaticano era nel pieno delle polemiche per il caso Williamson (il vescovo lefevbriano antisemita e negazionista a cui fu tolta la scomunica) e a Castel Gandolfo ci fu una riunione tra Papa Benedetto XVI e quattro importanti cardinali: Camillo Ruini, Angelo Scola, all’epoca Patriarca di Venezia, Angelo Bagnasco, presidente della CEI e l’austriaco Christoph Schonborn. I quattro porporati, come narra la leggenda, suggerirono al Papa la rimozione del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone (colpevole di non aver saputo gestire lo scandalo), ma Joseph Raztinger rispose lapidario: “Der mann bleibt wo er list, und basta!”, l’uomo resta dov’è e basta!
E’ l’estate del 2012 e si torna ancora a discutere del Segretario di Stato, ma questa volta per arrivare alle sue dimissioni si è messa in piedi un’operazione, il Vatileaks, che coinvolge dipendenti del Vaticano, giornalisti e indirettamente anche qualche prelato che non perde occasione di dire la sua, magari con qualche scivolone.
Bertone deve mollare, forse si ritira prima di dicembre (il 2 dicembre compirà 78 anni), al suo posto arriva un diplomatico straniero. Sono queste le voci che circolano in queste ore dopo la riunione di sabato 23 giugno tra il Papa e cinque cardinali (sempre Ruini, l’australiano Pell, il canadese Ouellet, il francese Tauran e lo slovacco Tomko, membro della commissione cardinalizia d’inchiesta sul Vatileaks) che, secondo un’altra leggenda, avrebbero chiesto anche loro al Pontefice la testa del Segretario di Stato. Se volessimo immaginare un altro imperativo in lingua tedesca del Papa rivolto a chi semina scompiglio, di certo potrebbe suonare più o meno così: “Sarò io a decidere se e quando il Segretario di Stato, che gode della mia piena fiducia, lascerà l’incarico”.
Parole che abbiamo immaginato ma che potrebbero benissimo esser pronunciate da Papa Ratzinger, alla luce dell’attacco spregiudicato (proveniente adesso anche dall’estero) al suo più grande collaboratore e a tutta la Chiesa. Anzi, qualcosa di simile il Papa l’ha davvero pronunciato: era il 30 maggio scorso e al termine dell’udienza generale Benedetto XVI ha detto: “Rinnovo la mia fiducia e incoraggiamento ai miei piu’ stretti collaboratori e a tutti quelli che quotidianamente con fedeltà, spirito di sacrificio e in silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero”. Perché, dopo nemmeno un mese il Papa avrebbe dovuto cambiar idea? Ma soprattutto ci si chiede: perché da anni si fa la guerra al Segretario di Stato?
Un cardinale in pensione, ex diplomatico e con un importante incarico di Curia alle spalle, ha provato a spiegarmi il perché e ha usato una sintesi perfetta: “E’ troppo salesiano”. In che senso? “Nel senso che la tradizione ha sempre visto Segretari di Stato diplomatici, che hanno svolto il loro compito da dietro una scrivania, lavorando nell’ombra e senza muoversi troppo dal Vaticano. il Card. Bertone invece – continua il porporato – sin da quando era segretario dell’Ex Sant’Uffizio, ha sempre avuto in ufficio la valigia pronta, per partire immediatamente qualora lo avessero chiamato. E’ nel suo spirito salesiano ed evangelizzatore: viaggiare, incontrare gente, predicare ai fedeli. Uno spirito nuovo che non tutti qui dentro accettano”.
E proprio per questo l’ultima voce che sta circolando è quella che vorrebbe un diplomatico straniero come imminente successore di Tarcisio Bertone. Una voce messa in giro proprio dai nemici del Segretario di Stato, magari gli stessi che lo hanno minacciato di morte e che ora stanno sparando le ultime pallottole, sperando in un cambio di rotta del Papa. Ma Ratzinger, ne siamo certi, ha ancora diversi imperativi da pronunciare.