Emanuela Orlandi non è sepolta in una delle due tombe del cimitero teutonico vaticano. L’indicazione data da alcune fonti interne alla Santa Sede alla fine si è rivelata falsa. Adesso la famiglia della ragazza scomparsa nel 1983 chiede di sapere perché siano stati indirizzati verso quelle sepolture appartenenti a due principesse tedesche, risultate completamente vuote. Un monsignore sarebbe la chiave di tutto.
A indirizzare infatti la famiglia Orlandi verso il cimitero teutonico, a quanto ci risulta, sarebbe stato un sacerdote che in passato ha lavorato all’interno della Curia Romana e che oggi vive lontano da Roma, in un Paese estero. Perché ha mandato lì la famiglia a cercare Emanuela? Qual era il vero l’obiettivo che voleva raggiungere? Il Vaticano ha spiegato di aver aperto le due tombe in spirito di collaborazione con la famiglia, che da 36 anni cerca la verità, accogliendo l’istanza presentata dal legale degli Orlandi, Laura Sgrò in Segreteria di Stato. E così ieri mattina, dopo una breve cerimonia religiosa le tue tombe sono state scoperchiate. Ma sono risultate entrambe vuote, tra lo stupore dei presenti.
Ma non è tutto. In un’intervista rilasciata da Pietro Orlandi a News Mediaset, il fratello della ragazza scomparsa 36 anni fa dice: “Vorrei che la magistratura vaticana facesse immediatamente un passo avanti. E per prima cosa io chiederei che fosse ascoltata una persona. Questa persona si chiama Francesca Chaouqui, che e’ un ex dipendente dell’organismo COSEA”.
“Qualche giorno prima di aprire quelle tombe – chiarisce Orlandi – Chaouqui mi ha chiamato dicendomi: ‘Voi adesso aprite quelle tombe, pero’ devi sapere che oltre a non trovare naturalmente i resti di Emanuela, troverete soltanto due tombe completamente vuote’. Io vorrei sapere come mai questa persona sapeva esattamente questo, sapeva esattamente come sarebbero andate le cose, sapeva esattamente che quelle tombe erano completamente vuote. Io sono ovviamente a disposizione della magistratura vaticana per essere ascoltato – conclude Orlandi – in modo che sia verbalizzato tutto ciò che ho da dire”.
Francesca Immacolata Chaouqui era stata chiamata nel 2013 da Papa Francesco come membro della commissione COSEA, per lo studio dei dicasteri economici della Santa Sede. Era stata successivamente coinvolta nello scandalo Vatileaks 2 e condannata dal tribunale vaticano nel luglio 2016 per concorso nella diffusione di documenti riservati, con pena sospesa per 5 anni.