Giovedì scorso Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare dell’Aquila, è stato assolto con formula piena (perché il fatto non costituisce reato) nell’ambito dell’inchiesta sui cosiddetti “Fondi Giovanardi” per la ricostruzione post terremoto. Sui giornali nazionali ho trovato pochissimo spazio dedicato alla notizia dell’assoluzione (al contrario del novembre 2011 quando il monsignore venne iscritto nel registro degli indagati per divulgazione di segreto d’ufficio e falsa testimonianza). Oggi ho sentito Mons. D’Ercole: è sereno, tranquillo, pensa già alla sua città ma ha voluto fare una riflessione anche sul sistema giudiziario italiano.
“Ho piena fiducia nella magistratura, per quanto riguarda la mia vicenda”, dice Mons. D’Ercole a Stanze Vaticane – Tgcom24, “il PM è stato estremamente cortese, gentile e non ho nulla da lamentarmi, ma troppo spesso si sente parlare di giudici d’assalto, di PM d’assalto, quindi credo che non sia fuori luogo oggi una seria riflessione sulle responsabilità dei giudici, in particolar modo dei pubblici ministeri”.
Don Giovanni, in tanti lo chiamano ancora così, è uscito pulito dalla vicenda dei fondi per il terremoto ma il suo è stato un percorso lungo, fatto di critiche feroci (anche sui giornali) e di richieste di dimissioni: “Spesso si finisce nella gogna mediatica per anni”, dice, “ma alla fine si risulta assolti perché innocenti. Credo che occorra rivedere il sistema globale della giustizia. Apprezzo il lavoro del ministro della giustizia Paola Severino ma sono convinto che le leggi da sole non possono cambiare il costume delle persone”.
Il vescovo ausiliare, 64 anni, dice di aver vissuto sulla sua pelle quella che può esser definita “malagiustizia” e oggi vuole impegnarsi per aiutare tutti quelli che ne restano vittime: “Voglio dare sostegno morale alle vittime della “malagiustizia”, lavorando il più possibile perché un indagato venga conservato il più possibile nella sua privacy sino a quando non si arrivi almeno alla prima sentenza. Contrariamente a quanto avviene oggi che quando una persona riceve un avviso di garanzia è come se ricevesse un avviso di condanna e finisce subito su tutti i giornali. Poi, quando si arriva alla sentenza, tutti si dimenticano di quella persona”.
Il pensiero di Mons. D’Ercole però va anche alla sua città, L’Aquila, ancora ferita dopo il terremoto del 2009: “Spero che la mia vicenda non faccia perdere la fiducia di quanti vogliono aiutare per la ricostruzione dell’Aquila”, spiega, “E’ mio grande desiderio tornare a collaborare perché questa ricostruzione avvenga il prima possibile e che l’Aquila non diventi, come qualcuno paventa, la Pompei dei tempi moderni”.