
Cardinale Gerhard Ludwig Müller, lei è Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede. Come giudica questi primi mesi di pontificato di Papa Leone?
Tutti siamo stati felici che Papa Leone abbia cominciato il pontificato con Cristo, centro della fede cristiana: questo cristocentrismo è necessario per il mondo di oggi. Tanti vogliono che la Chiesa parli solo di questioni della vita sociale, della politica. Certo, anche questi sono temi della missione della Chiesa, ma la sua missione primaria è predicare il Vangelo della salvezza e la vita eterna per tutti gli uomini.
Secondo lei con questo pontificato ci sarà più attenzione alla collegialità?
Sì, ne abbiamo parlato nel pre-conclave. La collegialità dei vescovi è un elemento della fede cristiana, del dogma (Lumen gentium 19) Gesù ha chiamato 12 apostoli come un collegio e per questo l’episcopato cattolico ha un collegio con il Papa, come principio visibile dell’unità. Il Papa come Vescovo di Roma non è isolato come un autocrate, ma ha un collegio di cardinali che è il suo senato. I consigli che danno i cardinali sono molto importanti, non per i propri interessi, ma per aiutare intellettualmente e moralmente il Papa e la sua missione. Già S. Tommaso d’Aquino, come Giovanni Crisostomo, definì “Pietro l’apostolo più eminente nominato da Cristo, il portavoce dei discepoli e il vertice de collegio (vertix collegii) degli apostoli.”
Qualcuno pensa che con Leone ci sarà un ritorno alla tradizione. Secondo lei è così?
Non dobbiamo fare paragoni con i Papi precedenti, Leone non può imitare Francesco, come Francesco non poteva imitare Benedetto e così via. Si parla ad esempio del fatto che Leone usa la mozzetta: questa non è solo un elemento per sembrare più bello, ma è un’espressione del suo ufficio, del suo ministero. In questo senso penso che tanti abbiano immaginato che Papa Leone vuole presentarsi più come successore di Pietro e non anteporre la sua personalità. Chiaramente non possiamo separare l’ufficio dalla persona, ma in un certo senso dobbiamo fare una distinzione.
Papa Leone ha detto di aver già ricevuto diverse lettere sul tema della messa in latino. Pensa che sia necessario intervenire su questo tema?
Partiamo dal fatto che ci sono diversi riti, tra questi c’è anche il rito latino, il più diffuso che ha avuto tanti sviluppi. I padri del Concilio hanno deciso non di cambiare la Messa, ma solo di cambiare un po’ i riti per facilitare la partecipazione attiva ai fedeli. Ci sono alcuni però che hanno avuto delle riserve sulla forma liturgica, sono rimasti con il rito latino com’era fino al 1962, con il messale di Giovanni XXIII. Alcuni di questi cosiddetti “tradizionalisti” dicono che solo questa forma è valida. Questo non lo possiamo accettare, si deve trovare una soluzione più pragmatica e di tolleranza viceversa. Dobbiamo trovare una soluzione sulla base del pensiero cattolico, che distingue tra la sostanza dei sacramenti e i riti parzialmente mutevoli.” (cfr. Sacrosanctum concilium 1; 21).
Cosa pensa a tal proposito?
Che la questione non si può risolvere con autoritarismo, ma con una sensibilità pastorale. Serve una mediazione: tutte e due le parti devono muoversi un po’ l’una verso l’altra e non rimanere su queste cose secondarie, ma argomentare la sostanza del Sacramento. Serve una riflessione chiara, teologica e non solo politica.
Tra le tante lettere, Papa Leone ha ricevuto anche una supplica firmata da numerosi studiosi ed esperti che gli chiedono una parola chiarificatrice dopo la “confusione” generata dal giubileo della comunità LGBTQ+. Che ne pensa?
Non so se il Papa dirà qualcosa, ma la situazione è molto chiara, non si può manipolare o strumentalizzare l’Anno Santo e la Porta Santa per un’ideologia di questo tipo. La Chiesa, in nome di Gesù Cristo, accetta tutti gli uomini e i loro problemi, ma Dio ha creato uomo e donna e solo questo matrimonio è l’unica possibilità di vivere coniugalmente. La Porta Santa non può essere usata per questioni politiche: penso ad esempio a chi arriva qui per introdurre questioni che riguardano i conflitti tra palestinesi e israeliani. Questo cosa ha a che vedere con la loro fede? Cristo è la Porta Santa per la quale entriamo nella Chiesa, nella famiglia di Dio. Noi cristiani non dobbiamo sconfiggere in nemici, ma
l’imicizia.
Sul tema della sessualità il Papa ha detto che la dottrina non cambierà, ma che conferma il “todos todos todos” di Francesco. Pensa che abbia trovato una mediazione?
Tutti gli uomini sono chiamati a trovare Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ma con un cambiamento della propria vita. Il problema è che molti vogliono intendere questo “tutti, tutti, tutti”, come l’accettazione di uno stile di vita che va contro lo stile della vita cristiana. Pensiamo alla tradizione, alla Chiesa di Roma nel secondo o terzo secolo. I membri della Chiesa si chiedevano: “Come facciamo con la gente che
vuole essere battezzata? Ad esempio, i gladiatori, come facciamo con queste persone che uccidono altri uomini? E i sacerdoti idolatri devono rinunciare alla loro professione, anche se ricevono uno stipendio. Per entrare nella Chiesa attraverso il battesimo devono cambiare la loro vita. Non possono continuare nella loro professione”. E così vale per tante altre categorie di persone… (Ippolito di Roma, Traditio Apostolica 16).
Il Papa ha parlato dei pro-life americani, dicendo che non possono essere contro l’aborto, ma allo stesso tempo favorevoli alla pena di morte o alle politiche migratorie in atto negli Stati Uniti…
Il Papa non ha confrontato e relativizzato le diverse situazione che sono oggettivamente diverse, ma ha parlato solo della coerenza soggettiva che è richiesta in tutti in diversi casi di tutela della vita. L’aborto significa uccidere un innocente e la Chiesa ha sempre detto che è un crimine brutale. Ma non si può mettere allo stesso livello della pena di morte verso un criminale che ha ucciso altri uomini. Anche nell’Antico Testamento si parla di pena di morte per chi ha ucciso un altro uomo. Io sono personalmente contrario a questa pena, ma ricordiamo che tra gli insegnamenti della Chiesa era accettato, entro certi limiti e in casi estremi, che l’autorità civile possa applicarla. Altra cosa è la questione dei migranti: bisogna sempre trattare il prossimo come fratello, ma gli Stati hanno tutto il diritto di fare un regolamento per l’immigrazione illegale e proteggere la propria popolazione magari da criminali che arrivano da altri Paesi.
Per concludere, secondo Lei questo pontificato ci riserverà delle sorprese o sarà un pontificato senza troppi stravolgimenti?
Io mi aspetto sorprese che riguardano la Parola di Dio e non il sensazionalismo, ad esempio il dire “ecco Il primo Papa ad andare a Mosca” o cose del genere. Il Papa non è una figura per l’interesse pubblico, non si presenta secondo le regole di una star di Hollywood, ma come un buon pastore, che dà la sua vita per le pecore di Cristo (Gio 10, 11). Tutti siamo convinti che il nostro Papa abbia questo equilibrio a non presentarsi come una persona riconosciuta, come la più famosa al mondo. Tutto ciò non ha valore davanti a Dio. E’ più importante ciò che Dio pensa di noi e non ciò che gli uomini pensano di noi. Come ha detto lo stesso Papa Leone: “Farsi piccoli per lasciare posto a Cristo”.
(intervista pubblicata sull’edizione del 6 ottobre 2025 del quotidiano Il Giornale)