Si sarebbe rifiutato di accettare le disposizioni imposte dal Vaticano e per questo Enzo Bianchi, salvo colpi di scena dell’ultim’ora, dovrà lasciare la “sua” Comunità di Bose.
È stato considerato per anni il “pupillo” di Papa Francesco, una delle voci più ascoltate negli ambienti cattolici, editorialista sui giornali e consultore d’Oltretevere “A seguito di una situazione tesa e problematica”, Il Vaticano ha deciso adesso di allontanare il celebre saggista, 77 anni, dalla comunità che aveva fondato in provincia di Biella a metà degli anni Sessanta e che ospita una novantina di membri, uomini e donne laici, di diverse nazionalità. La decisione della Santa Sede, arriva dopo che il Papa, lo scorso dicembre aveva deciso di inviare degli “ispettori” nel monastero che “Fratel Enzo” tre anni fa aveva lasciato alla guida di fratel Luciano Manicardi, regolarmente eletto.
Una visita apostolica durata un mese quella compiuta a Bose, per verificare che il passaggio di consegne con il nuovo priore fosse avvenuto regolarmente ma soprattutto per accertarsi che nel monastero si respirasse davvero un clima fraterno e che non ci fossero problemi nella gestione del governo e nell’esercizio dell’autorità. A quanto pare, però, gli incaricati del Vaticano, a seguito di testimonianze raccolte, hanno riscontrato delle anomalie, tanto che il 13 maggio scorso con un decreto, firmato dal Segretario di Stato Pietro Parolin e approvato dal Papa, erano stati presi dei provvedimenti nei confronti di Enzo Bianchi e di altri tre confratelli. “L’annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori” si legge in un comunicato diffuso dal Monastero di Bose che precisa: “gli interessati (tra cui appunto Bianchi, ndr) dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti”.
Nella relazione finale consegnata alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, i tre “ispettori”, padre León Arboleda Tamayo, abate benedettino, padre Amedeo Cencini, psicologo, psicoterapeuta e consultore del dicastero vaticano e madre Anne-Emmanuelle Devéche, Abbadessa di Blauvac (Francia), quest’ultima già in visita apostolica a Bose nel 2014 e vecchia conoscenza di Enzo Bianchi, hanno sottolineato una serie di problematiche legate proprio alla fase di passaggio dal vecchio al nuovo priore, con Bianchi che non avrebbe realmente ceduto la gestione del monastero al successore, innescando un vespaio di polemiche e tensioni.
La comunità monastica, con un post sul proprio sito web, il 6 dicembre 2019, aveva accolto i tre visitatori esprimendo “sincera gratitudine al Santo Padre Francesco per questo segno di vicinanza e di sollecitudine paterna perché aiuterà a meditare più intensamente sulla nostra chiamata e sulla nostra missione. È una opportunità preziosa di ascolto e di dialogo”. Il risultato dell’inchiesta, sollecitata dagli stessi monaci di Bose, non è stato, però, quello sperato dal fondatore e così Enzo Bianchi dovrà lasciare definitivamente quell’oasi che aveva costruito, mattone dopo mattone, alla fine del Concilio Vaticano II.
Bocche cucite da parte dei diretti interessati, a parte Enzo Bianchi che il 24 maggio scorso ha lasciato un messaggio sul suo profilo Twitter, seguito da quasi 60.000 follower. “Ciò che è decisivo per determinare il valore di una vita”, ha scritto l’ex priore di Bose, “non è la quantità di cose che abbiamo realizzato ma l’amore che abbiamo vissuto in ciascuna delle nostre azioni: anche quando le cose che abbiamo realizzato finiranno l’amore resterà come loro traccia indelebile”.