La parola d’ordine è accoglienza. Aveva fatto decine di appelli, aveva lanciato delle idee concrete per dare ospitalità ai migranti (come quella di utilizzare i conventi chiusi, che “non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e fare soldi” aveva tuonato il Papa qualche mese dopo l’elezione), adesso Francesco…
…lo ha detto chiaramente, si è rivolto a tutte le parrocchie, le comunità e i santuari d’Europa e al termine dell’Angelus della domenica, il Pontefice ha chiesto che “possano esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione dell’Anno Santo della Misericordia”. Un richiesta precisa quella di Bergoglio, che per dare l’esempio ha aggiunto: “Anche le due parrocchie del Vaticano, accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi”. E infatti le due chiese sono già allertate da tempo: i due nuclei familiari raggiungeranno la Pontificia Parrocchia Sant’Anna e la Parrocchia della Basilica Papale di San Pietro, entrambe rette da frati agostiniani.
La macchina organizzativa in tutta Italia è già in moto, ma non è così semplice: ci sono parrocchie che non hanno spazi, altre che sono finite nel groviglio burocratico dell’accoglienza. La buona volontà c’è ma spesso mancano le risorse ricorda più di un sacerdote, ma nella maggior parte dei casi, la richiesta di Francesco sarà accolta.
Solo qualche giorno fa, ad esempio, l’arcivescovo di Milano, il Card. Angelo Scola, aveva messo a disposizione sei nuovi immobili con 130 posti per gli immigrati e aveva invitato le parrocchie della Diocesi “a verificare la possibilità di mettere a disposizione spazi, anche piccoli, per accogliere i migranti”.
In molte comunità ecclesiastiche c’è entusiasmo per la richiesta del Papa, altre sono già al lavoro da tempo. “Nella mia residenza sto ospitando in questo periodo cinque ragazzi profughi, tre musulmani e due cristiani”, dice a Il Giornale Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, “adesso inviterò le parrocchie ad accogliere il messaggio del Papa, anche se non è così semplice perché bisognerà coordinarsi con il Ministero dell’Interno. In Diocesi stiamo ospitando già una quarantina di migranti, altri arriveranno. Adesso faremo di più”.
Tagliente il commento di Filippo Di Giacomo, sacerdote ed editorialista: “Se anche le Congregazioni vaticane affidassero qualche appartamento ai profughi non sarebbe male. Sono detentori di patrimoni immobiliari cospicui in Italia e all’estero e mi stupisce che ad oggi non abbiano fatto nemmeno un gesto. Ho sentito solo prediche edificanti. Inoltre mi domando: in una Chiesa italiana capace di spendere decine e decine di milioni di euro per la comunicazione e per dei convegni, c’è la voglia di sacrificare tutto questo per ritornare ad essere altro?”.
Tra i parroci sentiti da Il Giornale c’è Don Alfonso D’Alessio, che opera a Baronissi, vicino a Salerno: “Proprio stamattina”, dice, “è venuta in parrocchia una mamma italiana con due bimbi e che ha serie difficoltà economiche che la mettono in strada. Io non faccio distinzioni di nazionalità così come strumentalmente fanno molti. La mia parrocchia accoglie tutti nel limite oggettivo delle possibilità”. “Noi siamo già mobilitati”, dice Fratel Carlo, francescano che vive in Spagna, “Adesso abbiamo una famiglia musulmana di sei persone, ma andranno via presto, cercano un posto dove ci sia possibilità di lavoro e qui non c’è molto”. “Noi non abbiamo immobili adatti per ospitare una famiglia”, spiega don Paolo Padrini, parroco a Stazzano (Alessandria), “ci attrezzeremo in sinergia con il Comune”. “Io ci sto pensando da un po’”, dice Don Carmelo La Magra, parroco della provincia di Agrigento, “adesso credo sia arrivato il giusto input dal Papa”.
Articolo per Il Giornale del 7 settembre 2015