Stanze Vaticane

“Pronti a difendere il Papa contro l’Isis” Intervista al comandante Christoph Graf

Il Col. Christoph Graf

Il Col. Christoph Graf

Ciò che è successo a Parigi con Charlie Hebdo può succedere anche qui in Vaticano, e noi siamo pronti a intervenire per difendere il Papa”. A dirlo è il nuovo comandante delle guardie svizzere, Christoph Graf, 54 anni, sposato con due figli, da poco più di una settimana nominato da Francesco a capo dell’esercito più piccolo e famoso al mondo. Il colonnello parla anche del futuro della guardia svizzera, “un futuro in cui sarà difficile trovare ancora guardie soltanto in Svizzera…”.

Comandante perché ha scelto di diventare guardia svizzera?
Lavoravo in Svizzera in un ufficio postale. Dopo 2/3 anni mi son chiesto: “Ma questa è la mia vita? Voglio stare qui per altri 40 anni?” Quindi ho cercato un’altra sfida: ho preso un opuscolo informativo durante una mostra sula guardia svizzera a Lucerna e ho pensato: “Questo forse è il mio futuro”. Sono cresciuto in ambiente cattolico e la mia famiglia era di fede cattolica e così ho fatto domanda di ammissione, ma non speravo di diventare guardia perché la selezione era difficile. Però un giorno ricevetti la lettera di arruolamento, era il 1987. Ed eccomi ancora qua!

Cosa ha pensato quando il Papa le ha chiesto di diventare comandante. Ha avuto paura?
Il Papa mi ha chiesto se fossi disponibile e potevo anche dire di no. Ma io credo che questa sia una missione, una strada col Signore. Per me, per una guardia, la fede è molto importante. Dobbiamo renderci conto per chi facciamo questo servizio: il Papa è il Vicario di Cristo, per un cattolico poter proteggere il Papa è il massimo che si possa fare. Io ho risposto alla domanda del Papa con un “sì”, perché ci vedo un progetto di Dio. So che ci sono diverse croci da portare (ride), ma confido nell’aiuto del Signore.

E Francesco invece ha paura di qualcosa? Lei sta sempre al suo fianco per garantire la sua sicurezza…
Intanto è doveroso dire che con noi ci sono anche i colleghi della gendarmeria e c’è una buona collaborazione con loro. Io credo che il Papa non abbia paura di niente. Si vede da come si muove, ama la gente, la folla, ama la vicinanza con le persone. Può succedere qualcosa senza dubbio, ma si vede che lui non ha paura. Per noi c’è il difficile compito di garantire la sua sicurezza, ma credo anche che ci si abitui con il tempo. Con Benedetto XVI era diverso, lui non cercava il bagno di folla. Francesco è il Papa che si può toccare e per questo ha anche grande successo. Ci chiedono sempre: “E’ un incubo per voi?” Io dico: “Non è un incubo, ci si deve solo abituare”.

Durante le uscite pubbliche il Papa vi fa qualche richiesta precisa?
Lui ha bisogno di spazio, lui non ama quando la gente, anche quelli della sicurezza son troppo vicini a lui. E questa sua richiesta la rispettiamo, anche il Papa ha bisogno di libertà. Stiamo quindi un po’ più distanti ma osserviamo i suoi movimenti e siamo pronti a intervenire.

Si continua a parlare delle minacce dell’ISIS contro il Papa e il Vaticano. Le guardie svizzere adesso stanno più attente rispetto al passato?
Sì, chiediamo alle guardie di essere più attente e osservare bene i movimenti delle persone. Di più non possiamo fare. L’unica cosa è essere più attenti. Ciò che è successo a Parigi può succedere anche qui in Vaticano, e non si può prevedere se non con un servizio di intelligence che ha informazioni precise.

E nel caso succedesse qualcosa sareste pronti a intervenire?
Sì, si può dire: siamo sempre pronti a intervenire. Il nostro compito è la sicurezza e siamo ben organizzati come i gendarmi. Anche loro sono pronti se succede qualcosa.

Siete in buoni rapporti con la Gendarmeria e con il loro comandante? O c’è rivalità?
Tra me e il Dott. Giani c’è un rapporto amichevole, ci conosciamo da tanti anni, abbiamo fatto tantissimi viaggi insieme e questo rapporto non può andare meglio di così. Tra gendarmi e guardie, grazie al servizio congiunto a Santa Marta, c’è una buona collaborazione.

In tanti hanno scritto del Papa che regala la merendina alla guardia svizzera o che le porge una sedia. Sono episodi che accadono davvero?
Credo che siano più storielle dei giornalisti. Qualcosa è possibile, può essere che succeda. Ma è la vita privata del Papa e le guardie non vanno a raccontare queste cose in giro. C’è una cosa però che mi fa sempre gioire: è che il Papa va sempre a salutare le guardie all’ingresso. Quando esce va sempre a salutare. Questo è un gesto molto bello verso le guardie e non solo: saluta anche gli impiegati del Vaticano, i gendarmi. E’ un segno di vicinanza, un piccolo ringraziamento per il loro servizio.

E’ possibile che il Papa pensi ad un ridimensionamento o ad uno scioglimento del corpo?
No, io ho notato che il Papa ha una grande stima per la Guardia Svizzera. Non c’è un segno in questo senso, nessuno scioglimento e nessun ridimensionamento, siamo già in pochi! (ride)

C’è qualcosa che le piacerebbe cambiare nel corpo?
Devo intanto ringraziare il mio predecessore, Daniel Anrig, lui ha lasciato una guardia ben organizzata e funzionante. Per ora nessun cambiamento, per ora andiamo avanti così. Per me però è importante che le guardie si sentano bene come se fossero a casa propria perché vengono qui volontariamente per due anni, lasciando in Svizzera amici, famiglia, ecc. Tocca a noi offrire una casa e una famiglia. Questo è il mio obiettivo. Ci vogliono le regole e la disciplina perché siamo un corpo militare, ma se uno rispetta regole e disciplina possiamo andare avanti senza problemi!

Il Papa parla sempre dell’importanza delle donne nella Chiesa. E nella guardia svizzera ci sarà mai spazio per le donne?
Per il momento non penso che sia possibile avere delle guardie donne. La più grande difficoltà è la logistica, non avremmo possibilità di dividere le caserme. Abbiamo però una donna che lavora per la guardia nella nostra segreteria! Comunque non siamo contro le donne, ma non credo che sia il momento di pensare a delle guardie di sesso femminile.

Qual è quindi il suo sogno per la guardia svizzera?
Il mio sogno è che il corpo possa andare ancora avanti nel futuro. Ci attende un futuro in cui sarà difficile trovare ancora guardie in Svizzera e dipende anche dalla situazione della Chiesa, della fede, oltre che dalla natalità che si è molto abbassata e questa cosa influisce sul reclutamento. Il mio sogno è di avere ancora guardie a disposizione in Svizzera, giovani che hanno la voglia o il sogno di venire qui in Vaticano per servire il Papa.

Se non si trovano più guardie in Svizzera quindi si dovrà allargare il corpo a giovani di altre nazioni?
Per il momento solo svizzeri… in futuro chissà (ride)! E’ un privilegio per gli svizzeri che esiste da oltre 500 anni, non possiamo cambiare così le regole! Ma sono ottimista, per ora stiamo bene, nonostante il calo di reclute! E’ un servizio che dà a questi giovani una grande esperienza in Vaticano e in Italia che è un bel paese da scoprire, con una grande cultura e con luoghi bellissimi. Si può andare a sciare ad esempio in Abruzzo come da noi in Svizzera! Anche stare in piazza San Pietro per una messa o un’udienza con tutta quella gente che arriva da tutto il mondo è un’esperienza unica, che da noi in Svizzera non si può fare.

Fabio Marchese Ragona

(intervista per Il Giornale del 18.02.2015)

Exit mobile version