Quando ieri mattina il Papa ha fatto il suo ingresso nella Sala Clementina per gli auguri di Natale ai membri della curia romana, qualche arcivescovo e qualche cardinale di lungo corso (dopo l’esperienza del Sinodo straordinario sulla famiglia e dopo gli ultimi scandali legati allo IOR) immaginava già che Francesco, questa volta, non avrebbe usato mezzi termini e che il suo discorso non sarebbe stato un augurio carico soltanto di auspici e di programmi, piuttosto una “strigliata”, un duro esame su quella che è la situazione odierna della curia romana.
Prima di elencare le quindici “malattie curiali” e prima di indicare la via evangelica per la guarigione e la conversione, Bergoglio, nei giorni scorsi, si era confrontato, più di una volta, con i suoi più stretti collaboratori: le priorità del suo discorso dovevano essere quelle di indicare apertamente, con trasparenza, i problemi della Curia, senza ferire alcuna sensibilità e chiedendo soprattutto perdono a Dio (e a i fedeli) a nome di tutti.
Dall’Alzheimer spirituale alla schizofrenia esistenziale, dalla malattia dell’accumulare, alla mondanità e al terrorismo delle chiacchiere (“malattia”, dice il Papa, “che si impadronisce della persona e la trasforma in omicida a sangue freddo della fama dei fratelli e dei confratelli”), Francesco, passando in rassegna i vizi curiali, aveva in mente dei precisi episodi che ha sperimentato in Vaticano in questo anno e mezzo da “outsider”, arrivato in Curia “dalla fine del mondo” per avviare la riforma e cambiare la mentalità di molti all’interno dei sacri palazzi.
Il “bulldozer” Bergoglio, con il suo “catalogo delle malattie curiali” si è rivolto principalmente ai protagonisti degli scandali dell’ultimo anno, ai confratelli che si credono “contabili” e a quelli dalla faccia funerea (“che ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia e di severità” ha detto il Pontefice), preparando così tutti i membri della Curia Romana al “terremoto” previsto per il 2015: il Sinodo sulla Famiglia e la nuova fase della riforma che porterà ad un accorpamento dei dicasteri e ad una conseguente diminuzione dei cardinali a capo di congregazioni e pontifici consigli (“i cardinali devono svolgere altri compiti e non stare chiusi in ufficio” ha spiegato più volte il Papa).
Non a caso Francesco, ieri mattina, ha parlato anche della malattia del “martalismo”, dell’eccessiva operosità: “E’ una malattia che colpisce coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, la parte migliore, il sedersi sotto i piedi di Gesù”.
Discorso a parte per quei membri della Curia ormai in pensione, (“il tempo del riposo, per chi ha terminato la propria missione, è necessario” ha ammonito il Pontefice) e per quelli che “corteggiano i superiori”: un atteggiamento questo che Francesco (lo aveva confidato a qualche amico sacerdote) aveva notato in qualche confratello che gli aveva chiesto udienza: “è la malattia di coloro che sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo” – ha detto il Papa nel suo discorso alla Curia – “che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Sono persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo”.
(Articolo per Il Giornale)