“Parlavo col KGB in Vaticano, ma non sono una spia” – L’intervista

Padre Szlowieniec insieme a Giovanni Paolo II e Vladimir Putin

Padre Szlowieniec insieme a Giovanni Paolo II e Vladimir Putin

Dopo le rivelazioni choc di Tomasz Turowski, la talpa dei servizi segreti infiltrata in Vaticano negli anni 70 e 80 (che potete rileggere QUI) parla il religioso che traduceva tutti i discorsi di Giovanni Paolo II con i leader sovietici. E’ lui il famoso prete con il nome in codice “Russo” di cui parla Turowski? Lui ammette: “E’ vero, parlavo con il KGB, ma non sono una spia”. Ecco l’intervista pubblicata su Panorama.

Tra i preti in Vaticano legati ai servizi segreti comunisti negli anni 80 c’era un religioso che agiva con lo pseudonimo “Russo” e che fino a poco tempo fa ha lavorato per Papa Francesco. La rivelazione è arrivata a Panorama da Tomasz Turowski, ex colonnello  dell’intelligence polacca, infiltrato tra i Gesuiti di Roma con l’incarico di spiare Papa Wojtyla.

Chi è davvero “Russo”? Panorama è arrivato a un nome: Padre Stanislaw Szlowieniec, gesuita polacco, 66 anni, da oltre 30 anni residente a Roma, ex “minutante” della Segreteria di Stato Vaticana, traduceva i colloqui riservati tra il Papa e i leader del blocco sovietico. Oggi è in pensione ma ha lavorato con Wojtyla, con Ratzinger e fino all’anno scorso per Papa Francesco. Ci ha raccontato la sua versione, dopo esser stato autorizzato dal suo superiore.

 Padre Stanislaw, è lei “Russo”?
Così dicono, ma sono bugie. Nella mia provincia religiosa (a Cracovia, ndr) c’è un’equipe impegnata in ricerche d’archivio presso il Ministero degli Interni e non ha trovato nessuna traccia di mia firma.

Voi preti eravate ricattati dagli 007 dell’Est e per questo passavate informazioni?
No! Erano nostri interlocutori, perché la Segreteria di Stato aveva contatti con le ambasciate. Loro erano agenti dei servizi segreti, camuffati, ma noi lo sapevamo. Allora abbiamo avuto istruzioni dai nostri superiori: se queste persone ci avessero fatto domande, avremmo dovuto dire tutto ciò che aveva pubblicato “L’Osservatore Romano” o la “Radio Vaticana”. E così uno di questi, dopo aver parlato con me, anziché scrivere nelle note del suo rapporto che la fonte era, ad esempio, la radio, ha scritto: “Come ha detto Padre Stanislao”. E da quel momento è iniziato tutto.

Lei aveva fatto da traduttore nei colloqui del Papa con i leader sovietici: le informazioni non le mancavano…
Ero traduttore o “traditore” come dicono (ride). Sapevo tante cose ma non potevo parlare. Dopo il primo incontro di Wojtyla con Gorbaciov nel 1989, appena tornato in ufficio, sono stato bombardato di telefonate da agenzie e tv straniere per avere notizie. Arrivavano a offrire anche 100.000 dollari!

Padre Konrad Hejmo che faceva l’informatore per la Stasi ha detto che in Vaticano voi preti avevate degli “angeli custodi” e che il Papa lo sapeva…
Io avevo un “angelo custode” dell’ambasciata URSS e un “angelo custode” dell’ambasciata polacca. Loro sapevano che noi conoscevamo la loro vera funzione ma entrambi facevamo finta di non sapere.

 Però mi sta confermando che parlava con il KGB?
Sì, e pensi che eravamo osservati anche dagli 007 italiani. Bastava andare a pranzo al ristorante con dei funzionari (dell’ambasciata URSS, ndr) e l’indomani i nostri superiori ci dicevano: “I servizi segreti italiani ci hanno informato che voi siete stati a pranzo con due esponenti dei servizi segreti dell’URSS”.

Ma quindi lei è o non è un’ex spia?
Il mio superiore dice: “Stanislao tu sei innocente, ma la puzza rimane”.

Fabio Marchese Ragona

(Intervista pubblicata su Panorama del 16.12.2016)

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